domenica 18 aprile 2010
Pirateria, vittoria dei provider: "Non c'è obbligo di denuncia"
mercoledì 14 aprile 2010
Cardinal Bertone: La pedofilia è legata all'omossualità
http://www.timesonline.co.uk/tol/comment/faith/article7096149.ece
martedì 13 aprile 2010
Tempo di rispresa
Vista la crescente disoccupazione e i salari piatti, nessuno sta per mettersi a cantare "Happy Days Are Here Again" e di certo non lo faranno molto presto (anche se il brano è stato sigla del presidente Roosevelt). Ma ora abbiamo avuto un secco tre quarti di crescita, e il mese scorso ha visto la creazione di più di cento e cinquanta mila posti di lavoro. Tutto ciò ha spinto l'economista di Harvard, Jeff Frankel, membro della commissione che dichiara ufficialmente quando la recessione inizia e finisce, a dichiarare che la crisi finita. Così, a soli sette mesi dalle elezioni di medio termine, la gente sta cominciando a chiedersi come possa un semplice rimbalzo dare risultati in novembre.
Ora, i risultati economici non necessariamente determinano le elezioni; il suo impatto è stato proclamato nel 2002, per esempio, dall’ 11 settembre e poi nel 2006 in Iraq. Ed il suo impatto tende ad essere più grande nella corsa presidenziale che nelle elezioni di medio termine. Ma è tipicamente forte la correlazione tra come sta andando l’economia e come si sentono gli elettori, con economie deboli si danneggiano quelli i governi in carica e si aiutano gli avversari. (Ecco perché il Presidente ha la tendenza a cercare di addolcire l’economia sotto elezioni: nel 1972, Richard Nixon premette per un grande incremento dei sussidi per la sicurezza sociale, giusto prima delle elezioni.) E non importa se la colpa per un’economia povera potrebbe plausibilmente essere scaricata sulla precedente amministrazione: è il partito in carica quello che gli elettori considerano responsabile. In altre parole, se l’economia va male nel giorno delle elezioni, colpevolizzare George Bush probabilmente non ha funzionato. “Il vecchio partito si prende il merito e la colpa per il primo anno, e poi viene il nuovo partito economico”, ha detto Larry Bartels, un politologo di Princeton. “Da novembre, sarà l’economia dei Democratici”. Comprensibilemente, poi, I Repubblicani si sentono spensierati nelle loro prospettive per l’autunno. Anche se abbiamo una ripresa sostenuta, più di dieci milioni di persone saranno ancora disoccupate in novembre, e pochi americani staranno meglio di due anni fa. E l’economia debole ha già aiutato i Repubblicani, perché è più facile proporre quelli che John Sides, un politologo della Washington University, chiama “avversari di qualità” –tra loro, per esempio, gente che ha già ricoperto diverse cariche- quando le possibilità di vittoria sembrano buone. Mentre i candidati Democratici di alto profilo sono in discesa, tenaci candidati Repubblicani hanno deciso di cominciare la risalita.[…] I recenti segni di vita dell’economia, insieme allo stimolo di grandi somme di denaro, danno ai Democratici una miglior possibilità di evitare questo destino. Ma le economie non sono macchine. I Democratici dovranno passare i prossimi sette mesi più sulla linea degli elettori: aspettare e sperare che, finalmente, le cose tornino in pista.
lunedì 12 aprile 2010
L'IRA rivendica l'ultimo attentato.
L’ IRA rivendica la sua responsabilità per l’esplosione del MI5 nella sede centrale dell’Irlanda del Nord nel suo ultimo tentativo di assicurarsi il suo posto di eminente organizzazione repubblicana d’Irlanda che cerca con la forza di ottenere il ritiro dell’Inghilterra dal territorio irlandese.
L’esplosione al Palace Baracks, appena fuori Belfast, era calcolato perchè coincidesse con il trasferimento dei poteri di polizia e giustizia dal Westminster a Stormont. Più tardi oggi stesso l’Assemblea di Stormont eleggerà il ministro della giustizia, il primo nell’Irlanda del Nord in 38 anni.
L’esplosione è avvenuta subito dopo la mezzanotte. La bomba è esplosa nell’area circostante che è stata subito evacuata. Un uomo anziano è stato curato per aver riportato ferite non gravi.
Il dispositivo era stato piazzato in un taxi, che era stato dirottato nella zona di Ligoniel nella parte più a nord di Belfast, circa 11 km da Holywood. L’autista è stato preso in ostaggio da tre uomini circa due ore prima che gli venisse detto di guidare il suo taxi alla caserma. Il veicolo è stato abbandonato alla base giusto un attimo prima della mezzanotte, spingendo la polizia ed una squadra di sicurezza ad evacuare l’area. La bomba è esplosa all’incirca 20 minuti dopo mentre l’evacuazione era ancora in corso.
Ci sono state due esplosioni, prima la bomba e poi il serbatoio di benzina, che ha distrutto la macchina e danneggiato le proprietà circostanti. Il sovrintendente capo Nigel Grimshaw ha dichiarato che la polizia non aveva ricevuto un avvertimento telefonico riguardante l’attentato. “Ho visto dei bambini piccoli in braccio alle loro madri e ai loro padri, in un centro di accoglienza della comunità locale dove li hanno trasferiti. Queste sono il tipo di persone che sono state coinvolte in questa dimostrazione inutile” ha detto.
“Non c’è alcun dubbio che la mia mente è stata preparata ad uccidere e a ferire seriamente, e questo è esattamente ciò che sarebbe successo se non fosse stato per l’intervento dei mie ufficiali, dei colleghi militari e , di fatto, della comunità stessa che ha collaborato moltissimo con noi. Più di 60 persone sono state trasferite dalle loro case e hanno trascorso la notte nel centro della comunità”.
Nel mese di marzo l’Assemblea dell’Irlanda del Nord ha votato in favore del trasferimento dei poteri di polizia e giustizia. Dei 150 voti espressi nell’assemblea, un totale di 88 approvavano il trasferimento. 17 Uninionisti dell’Ulster hanno votato contro. Il disaccordo per i tempi della devoluzione del potere di giustizia aveva minacciato di distruggere l’amministrazione dell’Irlanda del Nord.
The Times, traduzione: Giulia Pradella
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Bangkok: il Rosso e il Nero
Nella capitale thailandese gas lacrimogeni, colpi di pistola e granate.
Le truppe tailandesi hanno sparato proiettili di gomma e gas lacrimogeni contro un centinaio di dimostranti, che combattevano con pistole, granate e bombe molotov, nella rivolta sono state uccise circa 15 persone, in quella che ormai è stata definita a Bangkok la peggiore violenza politica degli ultimi 18 anni. Sono 521, di cui 64 tra soldati e poliziotti, le persone coinvolte nei combattimenti scoppiati vicino il ponte di Phan Fah e nella Rajdumnoen Road nei vecchi quartieri di Bangkok, una base di protesta vicino alle sedi governative e alla sede regionale delle Nazioni Unite.
Dopo Ore di violenza, il portavoce dell’esercito Sansern Kaewkamnerd ha dichiarato che le truppe si sarebbero ritirate nei vecchi quartieri perché la rivolta si era espansa fino alla Khao San Road, un zona molto frequentata dai turisti. “Se si continua così, se l’esercito risponde alle camice rosse, la violenza aumenterà!” ha dichiarato Kaewkamnerd. Ha esortato i membri della protesta a fare lo stesso dei soldati ai quali lanciavano molotov e granate, e ritirarsi. Ha ribadito che alcuni nel corteo erano armati di pistole.
Uno dei leader delle camice rosse ha chiamato a raccolta i dimostranti invitandoli a ritornare ai principali luoghi di protesta. I dimostranti, intanto, stavano alzando la posta in gioco nelle loro dichiarazioni pubbliche contro il primo ministro, Abhisit Vejjajiva. “Noi stiamo cambiando il nostro progetto di sciogliere il parlamento in 15 giorni in sciogliere il parlamento immediatamente”, uno dei leader, Veera Musikapong, ha detto incitando la folla. “E noi chiediamo che Abhisit lasci il paese immediatamente”.
Altrove, un centinaio di camice rosse fanno irruzione negli uffici del governo in due città del nord.
The observer, traduzione: Giulia Pradella
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http://www.guardian.co.uk/world/2010/apr/10/troops-fire-bangkok-protesters
domenica 11 aprile 2010
POLITICA - Quando Dc e Pci ricostruirono la città
martedì 6 aprile 2010
SPORT - Modelli Vincenti nello sport, ecco gli esempi di San Antonio e New England
giovedì 1 aprile 2010
POLITICA - "Come il caro vecchio Pci"
Penso che ciò che sopravvive a Recoaro debba essere visto come un bellissimo esempio da tutta la sinistra che deve fronteggiare in veneto l'orda leghista che pare, oggi più che mai, inarrestabile. Buona lettura.
E’ rimasta l’ultima roccaforte «rossa» della provincia di Vicenza. Dopo che anche una città col cuore a sinistra come Schio si è svegliata lunedì con la Lega Nord primo partito e la sinistra ai minimi storici, il risultato di Recoaro Terme, nel suo piccolo, fa storia: qui la Federazione della sinistra (che unisce Rifondazione e Comunisti italiani) raggiunge l’8,63 per cento.
La sinistra fieramente comunista raccoglie 303 voti, ed è il quarto partito dopo Lega, Partito democratico e Pdl. Altro che partiti «leggeri», «liquidi» o «mediatici»: confrontando le urne di oggi con quelle di cinque anni fa, i voti sono sempre gli stessi, saldi e sicuri. E sono quasi il doppio delle Europee dell’anno scorso. Un fortino granitico che sta in piedi - nel mezzo di un Veneto un tempo bianco e ora verde, sempre moderato - grazie a una formula antica: un’idea del partito come organizzazione radicata, una sede in piazza dove discutere guardandosi negli occhi, tanti giovani iscritti, mille occhi nelle fabbriche e poi feste di paese, bandiere e volantinaggi al mercato. «Qui abbiamo mantenuto credibilità perché abbiamo lavorato come lavorava il vecchio Pci, come partito di massa e non di opinione. Abbiamo ottenuto un risultato lusinghiero del 13 per cento con la nostra lista civica alle comunali del 2009, e oggi ci confermiamo con una percentuale toscana più che veneta» dice Giuliano Ezzelini Storti, unico consigliere comunale di Rifondazione comunista in tutta la provincia. Nato il 24 gennaio del 1982, operaio magazziniere alla Valentino Fashion group di Valdagno, è stato eletto lo scorso anno in opposizione alla anomala alleanza (vincente) fra Lega e Pd. A soli 28 anni, Storti ha raccolto, alle regionali di domenica e lunedì, 244 preferenze a Recoaro e 424 nella provincia, risultando il più votato nella sua lista e, in paese, secondo solo a miss preferenze, Elena Donazzan. Ed è lui che, con i compagni, ha voluto spostare in centro a Recoaro il circolo della Federazione della sinistra, intitolato al partigiano Clemente Lampioni. E’ l’unica sezione di partito del comune, nemmeno la Lega ne ha una. «Siamo l’unico circolo della provincia che organizza ancora la festa di Liberazione, ogni anno a Ferragosto, proprio dove il vecchio Pci faceva la festa dell’Unità, nelle scuole del centro - dice Ezzelini Storti -. Continuiamo a fare assemblee pubbliche e ad essere visibili sulla stampa». A vincere è anche quel radicamento operaio che non si è interrotto. «Abbiamo un rappresentante sindacale di riferimento per ogni grande fabbrica dove lavorano i recoaresi: allo stabilimento dell’acqua minerale, alla Marzotto, alla ex Raumer, alla Valentino Fashion group. Un punto di riferimento per raccogliere le istanze dei lavoratori, che poi portiamo dentro le istituzioni. Un esempio? La crisi della Gds di Cornedo Vicentino, entrata prepotentemente nelle istituzioni grazie alle nostre interrogazioni: nei Comuni della Valle dell’Agno, in Provincia, in Regione». Non è un caso, forse, che Ezzelini Storti sia il responsabile regionale per gli enti locali della Federazione. «Stasera in consiglio comunale porterò quattro proposte su lavoro, ambiente, scuola e giovani - racconta -.
Per il lavoro, vogliamo creare un fondo sociale che aiuti direttamente i lavoratori in cassa integrazione o mobilità, una delibera che stiamo facendo votare in tutti i comuni del Veneto. Un fondo aperto a tutti i residenti, anche agli immigrati». Già, perché, a quanto racconta il giovane consigliere, fra i monti di Recoaro la retorica leghista anti-immigrati non sembra attaccare più di tanto. «Recoaro è un modello dell’integrazione» dice Storti, citando il caso della «Chiamata di marzo», la sfilata festosa che ogni due anni, l’ultima domenica di febbraio, invade le strade con carri e figuranti in costume d’epoca. Un’antichissima tradizione contadina cimbra che saluta l’arrivo della primavera e che ha contagiato anche i cittadini extracomunitari. «Qui l’integrazione è talmente avanti che vedi persone di colore partecipare alla sfilata, vestiti da figuranti.
E’ impossibile che qui attecchisca la xenofobia e infatti la Lega cerca piuttosto di competere con noi sui temi sociali» prosegue il consigliere comunista con la barba e un nome altisonante («Ma sono un nobile senza portafoglio» scherza). Può sorprendere che, in un paese di quasi settemila abitanti dal glorioso passato fra le montagne vicentine, il partito con la falce e il martello possa contare su trenta giovani comunisti iscritti e su un segretario, Davide Marchi, di 21 anni. Ma stupisce ancora di più la fermezza di Ezzelini Storti quando gli si chiede il numero totale degli iscritti. «Quello non si dice, è segreto. I giovani sono una buona parte, ma il partito è molto più consistente» risponde. Fedele anche in questo alla vecchia scuola del Pci.