lunedì 31 gennaio 2011

La lezione svedese


Leggendo il libro di Riccardo Iacona "L'Italia in presadiretta" mi sono imbattuto in questo capitoletto che mi ha decisamente colpito e fatto pensare. Le analisi di alcuni argomenti come gli stipendi degli insegnanti, i mezzi a disposizione per la formazione dei giovani e l'interesse di un intero paese verso l'educazione e la ricerca penso debbano essere condivise per essere apprezzate da tutti.

Spero mi scuserà, quindi, l'autore se riporto qui sotto un intero stralcio del suo libro che vi consiglio caldamente di comprare perché sono soldi ben spesi! ;)


«Sono convinto che se dai ai ragazzi una buona educazione, se li sai stimolare, puoi farli volare con te, più in alto possibile. Però devi arrivare al loro cuore per farti amare dai tuoi allievi e se sai farti amare nel verso giusto, ameranno anche ciò che tu ami. E loro lo sanno che cosa amo io: che cosa amiamo tutti noi?» «La matematica!» gridano in coro i venti studenti di una scuola media pubblica di Stoccolma. La scuola si trova a Rinkeby, il quartiere più povero della città, dove la stragrande maggioranza degli abitanti sono immigrati stranieri. Gli svedesi hanno deciso che la scuola media pubblica del quartiere più povero dovesse diventare la scuola più bella si Stoccolma e per fare questo hanno investito molti soldi. Hanno chiamato uno dei presidi migliori della città, il professor Borjie Ehrstrand, un simpatico signore alto un metro e ottanta, e hanno raccolto insegnanti bravi e motivati che per aver accettato di lavorare con ragazzi «difficili» ricevono anche un sostanzioso riconoscimento economico.

«Lo stipendio base è di 2100 euro al mese, ma qui si può arrivare fino a 3500 euro al mese» dice il preside mentre ci accompagna a vedere la bellissima biblioteca, il cuore dell'istituto.

«I nostri studenti vengono da ogni parte del mondo e devono imparare lo svedese il più rapidamente possibile. E il metodo migliore è leggere libri.» Così la scuola media di Rinkeby è risultata essere la scuola svedese dove si leggono più libri. Per premiarla il comitato del Nobel ha deciso che tutti i vincitori del premio per la letteratura vengano a fare visita ai ragazzi. Ed ecco negli scaffali i libri di Harold Pinter, di Orhan Pamuk, di Dario Fo e di altri fra gli scrittori più importanti del mondo che hanno incontrato di persona e parlato agli studenti più socialmente sfavoriti di Stoccolma. «Se non possiedi la lingua sei un perdente, se invece hai una lingua ricca, sei un vincente» mi dice il preside mentre mi indica con il braccio gli studenti di una della sue classi e sorride, come a dirmi: «Adesso hai capito di cosa sto parlando?». Davanti a me, infatti c'è tutto il mondo: cinesi, afghani, indiani, pakistani, kazaki, macedoni, somali, etiopi... in una classe ho contato fino a trenta nazionalità diverse. E tutti, proprio tutti i 360 studenti ce la fanno: «Il 70 per cento viene promosso e passa direttamente alle superiori, l'altro 30 per cento segue ancora dei corsi preparatori e poi va al liceo. Perché, vede, noi non molliamo mai. C'è un problema in una classe e non basta un professore? Ne mettiamo due e se non ne bastano due ne mandiamo un terzo».

Il «Norra Real» si trova nel centro di Stoccolma ed è il liceo pubblico più antico della città. Fuori è un bellissimo palazzo ottocentesco, dentro un istituto al passo con i tempi: tutte le aule hanno in dotazione un computer, un televisore con lettore dvd, un videoproiettore e una lavagna elettronica. Ci sono tre sale computer con cento postazioni ognuna. La scuola fornisce gratuitamente anche una connessione wireless e un centinaio di computer portatili che ha turno tutti i ragazzi possono richiedere in prestito, potendosi così collegare a internet e continuare a lavorare in qualsiasi ambiente dell'istituto, anche in cortile.

Il liceo possiede due biblioteche, anche queste fornite di numerose postazioni con computer da tavolo e stampanti, mentre l'ultimo piano è tutto occupato dai laboratori scientifici. I 960 studenti hanno tutti un armadietto personale che gli viene assegnato quando entrano il primo anno. Ogni insegnante ha una postazione completa di computer, stampante e connessione internet. Poi ci sono gli spazi comuni: una bellissima mensa, la sala musica con duecento posti a sedere, una splendida aula magna d'epoca tirata a lucido da con ottocento posti a sedere e diversi salotti e salottini dove i professori ricevono studenti e genitori. «Questo è il corso di scienze naturali con indirizzo ambientale - mi dice la vicepreside - poi abbiamo un corso di scienze naturali con indirizzo matematico, un altro orientato verso la ricerca, un altro verso l'informatica.» Il liceo propone otto corsi diversi e come all'università ogni studente, a mano amano che va avanti negli anni, si costruisce il proprio personale piano di studi. Adesso capisco perché al «Norra Real» i corridoi e le scale sono sempre pieni a tutte le ore di studenti che vanno avanti e indietro: qui la tua classe, quella dove entri la mattina alle otto e non ti schiodi fino a quando non suona la campanella, non esiste, qui in classe tutti assieme si sta solo per le materie obbligatorie.

Non deve stupire quindi che nel famoso studio Ocse (citato prima nel libro ndr) gli studenti svedesi risultino ai primi posti in quasi tutte le graduatorie. Se sono mediamente più formati, preparati e meno ignoranti dei nostri figli è proprio perché la Svezia ha investito molto sull'educazione, più di ogni altro paese europeo. Ma la cosa più importante è che questa è una scelta condivisa da tutte le forze politiche. Anche il centro-destra, che oggi governa il paese, non si sognerebbe mai di parlare di tagli alla scuola o alla formazione. Al contrario, ha vinto le elezioni anche puntando sul fatto che i socialdemocratici spendevano ancora troppo poco nella scuola.

Ecco che cosa mi ha detto il viceministro del Governo di centro-destra, Bertil Ostberg: «In un mondo globalizzato dove c’è una competizione così forte, abbiamo bisogno di gente preparata. Perché noi non possiamo competere ai livelli bassi, dobbiamo vincere per le nostre alte competenze, ecco perché abbiamo bisogno di una buona scuola, di una buona ricerca». E sono così determinati nel raggiungere i loro obbiettivi che, nonostante la crisi finanziaria internazionale, il Governo di centro-destra svedese ha deciso di mettere altri 500 milioni di euro sul piatto della ricerca e dello sviluppo. Quando ha saputo la notizia, la dottoressa Harriet Walberg Erikson, presidente del «Karolinska», l’istituto di ricerca medica tra i più importanti del mondo è saltata sulla sedia dalla gioia: «Si rende conto? In piena crisi economica internazionale il nostro Governo ha detto ok, siamo in crisi ma noi vogliamo guardare lontano e continuare a investire nella ricerca». «Ha ragione il Governo?» le chiedo. «Non sono soldi buttati con tutte le fabbriche che chiudono?» «No, non sono soldi buttati, perché questo è quello che un paese piccolo come la Svezia deve fare: investire per riuscire a competere a livello internazionale».

Grazie a quest’ultimo finanziamento da 500 milioni di euro, la Svezia ha raggiunto con un anno d’anticipo l’obiettivo, che si erano dati tutti i paesi europei al vertice di Lisbona del 2000, di destinare entro il 2010 il 3 per cento del Pil a sviluppo e ricerca. Noi, tanto per dare un’idea, siamo all’1,1 per cento (quando Iacona scrive la riforma Gelmini dell’Università con relativi tagli alla ricerca non era ancora passata ndr). Che cosa ci ha guadagnato la Svezia dall’aver speso così tanti soldi in formazione, ricerca e sviluppo? Primo, è uno dei paesi con il sistema economico più competitivo del mondo; secondo, è il paese che attrae più investimenti stranieri del mondo; terzo, è leader nell’innovazione e nella ricerca. Infine l’85 per cento di tutti i suoi abitanti ha una cultura medio alta e parla un inglese perfetto.

In Italia, l’unico segmento del percorso formativo pubblico a cui destinavamo più risorse rispetto alla Svezia era la scuola elementare. Non a caso era quello che andava meglio e ci garantiva uno dei primi posti nelle classifiche internazionali. Neanche a farlo apposta, il ministro Gelmini ha cominciato a tagliare proprio dal segmento che funzionava meglio.


Tratto da "L'Italia in presadiretta" di Riccardo Iacona

domenica 30 gennaio 2011

Corrado Augias su Masi e Berlusconi





"Orrore è quanto avviene nella villa di Arcore che tra l'altro è stata acquisita

aggirando una minorenne orfana con l'intervento di Cesare Previti già allora avvocato di Silvio Berlusconi".

Non conoscete la storia? VE LA RACCONTIAMO NOI...LEGGETE SOTTO

La contessa Rangoni Machiavelli: «Così Berlusconi ha truffato mia cognata»

È stata una doppia rapina. Consumata alle spalle di una ragazzina minorenne, choccata dalla morte del padre, fuggita dall'Italia per sfuggire alla curiosità di giornalisti e paparazzi e raggirata da quel professionista che si chiama Cesare Previti al servizio di Silvio Berlusconi». Beatrice Rangoni Machiavelli è una nobile signora di ferme tradizioni liberali, illustre casato, impegnata nel sociale, ex deputato del parlamento europeo. E' anche la cognata di Anna Maria Casati Stampa di Soncino, la ragazza che nel 1970 resta orfana all'improvviso e tragicamente ed eredita tutto il patrimonio del casato tra cui villa San Martino ad Arcore. La stessa villa in cui dieci anni dopo si trasferisce Il Cavaliere già Re del mattone e in procinto di diventare anche Signor Tv.

Cosa intende per "doppia rapina"?

«Dal 1974 vado denunciando il furto perpetrato ai danni di mia cognata Annamaria Casati Stampa di Soncino, per le modalità dell’acquisto della Villa di Arcore e dei terreni, centinaia di ettari, su cui è stata fatta la speculazione di Milano 2».

Non ci sono sentenze che lo dimostrano.

«Siamo arrivati tardi, quando ci siamo accorti del raggiro erano già passati dieci anni ed era scattata la prescrizione. Ma quelle due acquisizioni restano comunque due rapine».

Chi è Annamaria? E dove vive oggi?

«È una signora di 59 anni, vive all'estero con la sua meravigliosa famiglia e ogni volta che si parla di questa storia per lei sono solo dolori e incubi. La famiglia, i marchesi Casati Stampa di Soncino, sono uno dei più illustri casati milanesi proprietari in Brianza e a Milano di terreni e palazzi».

Cosa succede il 30 agosto 1970?

«Annamaria arriva a Fiumicino da un viaggio con alcuni amici. Chiama il padre, il marchese Camillo che dopo la morte della mamma di Annamaria si era sposato con Anna Fallarino, per farsi venire a prendere. Camillo la rassicura ma le dice restare ancora qualche giorno con gli amici. Il marchese in realtà, depresso e in pessimi rapporti con la signora Fallarino, aveva già pianificato di suicidarsi. Solo che nelle stesse ore in quella casa arrivano la moglie e il suo amante Massimo Minorenti, lo ricattano, gli chiedono un miliardo di lire per ritirare alcune foto compromettenti già consegnate ai giornali. Lui perde la testa, ammazza e si ammazza. Fu Annamaria a dover riconoscere i corpi sfigurati del padre e della matrigna. Del caso parlò tutta Italia, per mesi. Potete immaginare lo choc di quella ragazza».

Come entra in scena Cesare Previti?

«Il padre Umberto è un noto fiscalista calabrese che nei primi anni settanta sta architettando la complessa struttura societaria della Fininvest. Cesare è un giovane avvocato che ha una relazione con la sorella di Anna Fallarino. La prima cosa che fa è cercare di dimostrare che la famiglia Fallarino è l’unica erede del patrimonio Casati Stampa perchè la donna è morta dopo il marito. L’autopsia gli dà torto: la giovane e minorenne Annamaria è l’unica erede. Il padre, Camillo, è morto due minuti e trenta secondi dopo».

Poi però il giovane Previti diventa tutore della ragazza e amministratore del suo patrimonio.

«Eh, già, si vede che questo era il piano B... Annamaria, minorenne, è affidata a un avvocato amico di famiglia Giorgio Bergamasco il quale però diventa senatore e poi ministro in uno dei governi Andreotti. In un modo o nell’altro rispunta fuori Previti che piano piano diventa l’unico responsabile del patrimonio di Annamaria. La quale si ritrova titolare di beni mobili e immobili per circa tre miliardi di lire ma anche un sacco di debiti per via della tasse di successione con rate da 400 milioni».

E Annamaria decide di vendere...

«Non è così. Qui comincia il raggiro. La ragazza non ha soldi, non ha potere di firma e ogni decisione è delegata a Bergamasco-Previti. Fatto sta che un giorno, siamo nel 1973, Previti dice ad Annamaria: “Ma come sei fortunata, c’è un certo Berlusconi che vuole comprare, 500 milioni...”. Annamaria replica che è un po’ poco, e Previti la rassicura: “Mavalà, in fondo gli diamo solo la villa nuda, la cappella e un po’ di giardino intorno...”. Previti lascia intendere che arredi, pinacoteche, biblioteche, il parco, tutto sarebbe rimasto a lei mentre invece stava vendendo tutto».

Nessuno si accorge di nulla?

«Il fatto è che Annamaria, esausta, nel 1973, appena maggiorenne si sposa quasi di nascosto, una notte, e va a vivere in una fazenda in Brasile, con la sua famiglia, felice e lontana dalla sua prima vita di cui vuol sapere poco o nulla. Il curatore ha campo libero. Io me ne accorgo solo nel 1980, dopo che è stata completata la vendita di villa San Martino. Avverto Previti che avrei raccontato tutto a Anna Maria. Lui mi risponde, ancora lo ricordo, che mai sarei riuscita a portare un pezzo di carta ad Annamaria in Brasile con delle prove. Invece ce l’ ho fatta: avevo nascosto il dossier con la documentazione in un biliardino. Ricordo anche che a Fiumicino ci perquisirono con molta accuratezza. Per andare in Brasile, strano no...».

Che succede poi?

«Annamaria ritira deleghe e procure e le affida a me. Lì comincia la mia battaglia. Abbiamo provato negli anni a riprendere almeno qualche quadro, un Annigoni, ad esempio. Mio fratello andò di persona ad Arcore, fu la volta che si trovò davanti Mangano con tanto di fucile. Berlusconi ci chiese quanto volevamo per venderlo a lui. Ma noi non volevamo venderlo. Non ce l’ha mai reso. Così come le 14 stazioni della via Crucis di Bernardino Luini, nella cappella di famiglia».

All’inizio parlava di due truffe...

«Così come si sono presi il parco e la villa, si sono presi anche tutti i terreni dove poi è sorta Milano 2, terreni agricoli della famiglia Casati Stampa».

In che modo?

«Avevano frazionato i terreni in tante srl e poi li hanno resi edificabili. Quando ce ne siamo accorti, abbiamo scoperto che ogni srl era intestata a vecchini con l’Alzheimer pensionati all’ospizio della Baggina. “Lei non mi può denunciare, io conosco tutti» ci disse Berlusconi. E aggiunse: “E poi domani scioglierò tutte le srl». Ci riuscì, tranne che per poche pezzature di terreni di cui ci fece avere in tre giorni i soldi. Oltre al danno anche la beffa: la speculatrice, la palazzinara, quella che aveva trasformato i terreni da agricoli in edificabili, risultava essere Annamaria Casati Stampa. Il colmo, no? ».

Annamaria?

«Non ne vuole sapere più nulla e nesuno ha mai pensato che potesse essere risarcita. Io però continuo da allora la mia battaglia a tutti i livelli perchè credo sia giusto che si conosca la qualità delle persone che ci governano. Sotto il profilo penale, purtroppo, non è mai stato possibile fare nulla».

Qualche volta ne parlate tra di voi?

«Mia cognata ha un’altra vita, vive lontana, non è affatto legata ai soldi. In quei pochi giorni in cui Previti è stato in carcere mi disse solo: “Chissà, Magari stavolta potrò riavere il mio quadro...”».

venerdì 28 gennaio 2011

Lettera aperta di una laureata "inutile" al Ministro Gelmini


Vi proponiamo una lettera aperta al Ministro dell'Istruzione M. Gelmini scritta da una ragazza laureata in Scienze della Comunicazione che, a pieno diritto, si è sentita offesa dalle parole usate dal Ministro durante la trasmissione "Ballarò" nella quale definì "inutile" tale laurea. Buona lettura!


Gent.ma Ministro Gelmini,

ho 25 anni, sono laureata in Scienze della Comunicazione e mi sto specializzando in pubblicità.

Molte volte mi sono sentita dire, un po' per scherzo e un po' sul serio, che il mio era un corso di laurea “facile” e che un mio trenta in Sociologia o non valeva neanche la metà di un 25 preso da uno studente di giurisprudenza in diritto penale o di un 18 in Anatomia.

Ho risposto sempre con il sorriso sulle labbra a chi dubitava dell'utilità dei miei studi: ho risposto lavorando di giorno e studiando di notte, ho risposto trovando sempre degli ottimi lavori, senza raccomandazione e nei quali ho messo a frutto i miei studi.

Dall'aria che tira, mi pare di capire che su un'eventuale Arca di Noè, non ci sarebbe spazio per noi poveri professonisti della comunicazione. Non per me, né per i creativi, né per gli stagisti che a centinaia lavorano nelle aziende dell'impero mediatico del presidente del consiglio. Noi non serviamo, le nostre lauree non servono.

Sono inutili anche tutti quei comunicatori, esperti di immagine creativi e chi più ne ha più ne metta che in questi anni non solo hanno permesso l'aumento esponenziale dl fatturato delle aziende del Presidente del consiglio, ma che lo hanno anche supportato nella sua discesa in campo e che studiano le sue mosse e quelle del suo partito.

Le sue parole a Ballarò, poche e passate forse in sordina ai più, “abolire le lauree inutili in Scienze della Comunicazione” sono state come un colpo di pistola. Se lo dice il ministro, mi sono detta, sarà vero. Io mi fido delle istituzioni, sa?

E allora come mai permettete il proliferare di università private che chiedono 30.000 euro per un master in comunicazione? O è truffa o è circonvenzione d'incapace. In entrambi i casi, un reato.

Ho frequentato l'università pubblica, il mio corso di laurea è stato autorizzato dal ministero da lei presieduto. Quindi io sono stata truffata dallo Stato. E pretendo un risarcimento.

Ho fatto un breve calcolo: 5 anni di tasse, di affitto – sono una fuorisede – di libri, di abbonamento ai trasporti, bollette e spese varie fanno circa 10.000 euro. Se a questo ci aggiungiamo il danno biologico – studiando la notte e lavorando di giorno, il mio fisico ne ha risentito – e i danni morali e materiali arriviamo a 20 mila euro. Che ho intenzione di chiedere all'Università di Palermo e al Minstero dell'Istruzione. Io in cambio chiedo l'annullamento della mia laurea e mi impegno a reinvestire i soldi del risarcimento in una bella laurea in giurisprudenza. E in un biglietto A/R per Reggio Calabria. Sa com'è... per l'abilitazione.

Sono certa che, nell'eventuale causa, Lei mi fornirà tutto il supporto e l'appoggio possibili.


Cordialmente,

Simona Melani


Simona Melani

giovedì 27 gennaio 2011

La democrazia la deve volere il popolo



Algeria, Tunisia, Albania e ultimo (ma non ultimo) esempio lo Yemen, tutti questi paesi vivono drammatici giorni di tensione in questo periodo. Il popolo, toccato da troppo tempo nei diritti fondamentali dell'uomo quali il diritto ad un'adeguata alimentazione e alla libertà di pensiero, si è rivoltato contro il proprio governo, quasi sempre una dittatura di tipo Islamico. La notizia, già di per se bella e affascinante, fa correre la mente ad altri due paesi che questa "libertà" non l'hanno ricevuta esattamente nello stesso modo: Afghanistan e Iraq.
Vi ricordate? "Porteremo la democrazia a quei popoli oppressi" disse Bush in procinto di lanciare le due massicce campagne d'invasione contro i sopracitati paesi del medio-oriente.
Alla luce di ciò che sta accadendo ora nei paesi islamici in rivolta mi chiedo se ad aver conquistato qualcosa veramente siano loro o gli Afghani e gli Iracheni, che in pochi anni hanno visto tornare gli aguzzini di prima più forti e determinati a ristabilire il loro ordine all'indomani della partenza delle forze straniere. Se, come stanno facendo, nei paesi nordafricani in lotta riusciranno a portare qualche sostanziale novità nel modo di governare i loro stati questa sarà molto più di una vittoria "interna" ma un forte segnale per tutti gli altri popoli oppressi che un cambiamento VERO e radicale è possibile se è la gente a volerlo con una forte presa di coscienza, e soprattutto senza bisogno che superpotenze straniere "insegnino" niente a nessuno!

Fabrizio Ruffini


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martedì 25 gennaio 2011

La risposta di B. alla madre che chiedeva aiuto

Vi ricordate quando, in modo un po' provocatorio, una signora, madre di tre figli, scrisse a Berlusconi di aiutarla come aveva fatto con Ruby e le altre signorine? Beh, a distanza di qualche mese ecco la risposta:






Che dire? evidentemente la signora non è abbastanza piacente...

domenica 23 gennaio 2011

Quando c'era Silvio - STREAMING

Quando c'era Silvio - Storia del periodo berlusconiano è un documentario, autoprodotto, realizzato nel 2005 dai giornalisti Beppe Cremagnani e Enrico Deaglio, distribuito a partire dal 1º marzo 2006 in allegato al settimanale Diario insieme al libro Berlusconeide - 5 anni dopo.

mercoledì 19 gennaio 2011

Le 389 pagine del caso Ruby-Berlusconi

IMPORTANTE PREMESSA: Questi documenti sono stati caricati sui server AMERICANI di "Slideshare.com" da terzi che non conosciamo, non abbiamo conosciuto e mai conosceremo dato che l'uploader non è identificabile. Vengono qui LINKATI e non caricati su un nostro server al solo scopo conoscitivo e in nessun modo appoggiamo questa fuga di notizie riservate o chi l'ha commessa.

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