mercoledì 29 giugno 2011

L'eccidio di Civitella, un piccolo ragionamento


L'eccidio di Civitella

Il 29 giugno 1944 un reparto di soldati tedeschi della divisone Herman Goering circonda l'intero paese di Civitella in Val di Chiana, nei pressi di Arezzo, e massacra a sangue freddo, con un colpo alla nuca ciascuno, oltre 200 persone, prima di appiccare il fuoco all'intero abitato. Pochi giorni prima due soldati tedeschi erano morti in uno scontro con i partigiani. Il comando tedesco aveva lanciato un ultimatum di 24 ore alla popolazione, minacciando una rappresaglia in caso di mancata denuncia dei colpevoli. Nè le perquisizioni, nè gli interrogatori dei tedeschi conducono alla cattura dei responsabili. Allo scadere dell'ultimatum i tedeschi non fanno nulla, e tranquillizzano la popolazione. E' solo dopo una settimana che si scatena la feroce vendetta. Il 29 giugno è la festa di San Pietro e Paolo, la maggior parte delle persone è in paese, moltissimi nella chiesa sulla piazza principale. I soldati tedeschi irrompono, li dividono in gruppi e li uccidono tutti con un colpo alla nuca. Altri reparti imperversano sui borghi vicini. A sera si contano 250 morti, molti sono anziani, donne e bambini.

(History Channel)

Questi i fatti, ora la mia riflessione è rivolta a chi dopo quasi 70 anni si riempiela bocca di frasi insulse e prive del benché minimo ragionamento come ad esempio "Se sono successe certe cose è colpa dei partigiani" o amenità del genere.

Vorrei che queste persone usassero il cervello per una volta cercando di contestualizzare gli eventi rendendosi magari conto del fatto che episodi come quello citato sono stati frutto della barbarie tedesca, che con scientifica ferocia e sadica premeditazione architettarono vendette come questa, e non colpa dei partigiani che combattevano una guerra in condizioni di assoluta inferiorità. Già, una guerra, meglio ricordarlo dato che molti quando esternano certe idiozie non sanno nemmeno di che cosa stanno parlando. Se leggessero Gramsci o i racconti di qualche italiano (e non) che ha preferito rischiare la propria vita per combattere un dominatore che opprimeva il suo paese invece che rintanarsi in attesa di qualcuno che provvedesse per lui, forse si renderebbero conto che da sproloquiatori indifferenti quali sono non possono essere che odiati.

Fabrizio Ruffini

giovedì 16 giugno 2011

"Tutti in piedi" su L'Altro Pensiero!




Siamo felicissimi di informarvi che domani sera anche noi raccoglieremo l'appello dello staff di "Tutti in piedi", lo spettacolo di Michele Santoro & co. che andrà in onda per celebrare i 110 anni della nascita della Fiom, e trasmetteremo l'intera puntata in diretta streaming qui sul nostro blog!

W LA TV E IL WEB LIBERI E W LA LIBERA INFORMAZIONE!

AGGIORNAMENTO: Già disponibile l'intera puntata in replica! Buona visione!!!






La redazione

lunedì 13 giugno 2011

Italia: Berlusconi ostacolato dal referendum sul nucleare, sull'acqua e sulla giustizia.

© AFP - Vincenzo Pinto

Umiliato alle municipali, Silvio Berlusconi incappa in un nuovo ostacolo a causa della mobilitazione degli italiani al referensum promosso dall'opposizione, relativo all'abolizione della sua immunità penale, l'interdizione del ritorno al nucleare e la privatizzazione dell'acqua. I seggi si sono riaperti alle 5.00 ed è possibile votare fino alle 13.00, dopo una giornata intera di scrutigni (dalle 6.00 alle 20.00), domenica, giornata in cui la partecipazione ha superato il record fermo al 41,1%.

Questo referendum, promossa dall'opposizione del centro-sinistra e destinato ad abrogare delle norme in vigore, per essere valido ha bisogno di un tasso di partecipazione del 51% (quorum).

Il ministro dell'interno Roberto Maroni ha dichiarato probabile che il quorum sarà raggiunto “sulla base delle proiezioni fatte a partire da domenica, che non tengono conto degli italiani all'estero”.

In Italian era da 16 anni che il quorum non veniva raggiunto per questo tipo di referendum di iniziativa popolare.

Berlusconi, attualmente imputato in tre processi, tra i quali lo scandalo sessuale Rubygate, ostacola il referendum perchè questo vuole l'annullamento di una legge definita “impeachment legittimo” che gli permette di non sottoporsi a giudizio in ragione dei suoi obblighi di Primo ministro.

Ha trascorso la sua domenica al mare in Sardegna per mostrare che non sarebbe andato a votare.

Per Berlusconi, il ricorso al referendum rappresenterebbe una nuovo fallimento dopo la sconfitta subita dalla sua coalizione di centro-destra alle municipali 15 giorni fa, quando ha perso tra le altre il suo feudo di Milano.

Secondo l'editorialista del Corriere della Sera, Massimo Franco, il governo ne uscirebbe indebolito, i risultati “rivelano una perdita di contatto (di Berlusconi) con il paese, un problema che riguarda tutti i partiti” al potere.


© AFP - Filippo Monteforte

I media hanno sottolineato che la posizione di Berlusconi sul referendum non rappresentava quella del suo partito. Snobbando l'ordine di astenersi del loro presidente, il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, ed li presidente della regione Lazio, Renata Polverini, sono stati visti alle urne. Peggio ancora, quando Umberto Bossi, il numero uno della Lega Nord, principale alleato del Cavaliere, ha dichiarato: “Spero che la gente non vada a votare”, uno dei pesi massimi del suo partito, Luca Zaia, presidente della regione Veneto, è stato alle urne per dire “no” al nucleare, alla privatizzazione dell'acqua e alla stessa immunità del suo capo di governo.

Alcune crepe sono apparse nel patto tra Berlusconi e la Lega, Bossi ritiene che “Berlusconi ha perso la sua capacità di comunicare con la gente alla tv”.

Altro motivo d'inquietudine per Berlusconi, secondo il Corriere, “la mobilitazione del mondo cattolico”. Giovedì, Papa Benedetto XVI ha evocato la catastrofe nucleare di Fukushima mettendo in guardia contro la “tecnologia onnipotente ed in definitiva incontrollabile”.

Il risultato del referendum su questo punto sarà soprattutto simbolico dal momento che gli italiani hanno già abbandonato questa forma di energia dopo un primo referendum nel 1987, dopo Chernobyl.

E qualche settimana fa il Cavaliere aveva annunciato che avrebbe rinunciato al suo progetto di costruire delle centrali a partire dal 2014 che sarebbero state messe in funzione nel 2020, svuotando il referendum della sua sostanza.

Il terzo quesito del referendum riguardava la liberalizzazione della gestione e della tariffazione dell'acqua.

Messi da parte i comitati che militavano contro la legge, principalmente formati da cittadini più che da politici aggueriti, anche numerosi prelati cattolici sono in prima linea per questo problema dal momento che ritengono che “l'acqua, dono di Dio, appartiene a tutti”.

Circa 47,2 milioni di italiani nella penisola e 3,2 milioni residenti all'estero sono richiamati alle urne.


Françoise Kadri

Traduzione Giulia Pradella

Articolo originale al Link: http://www.lesechos.fr/economie-politique/infos-generales/monde/afp_00351766-italie-berlusconi-risque-un-revers-aux-referendums-sur-nucleaire-eau-et-justice-175658.php

giovedì 9 giugno 2011

La Corte Suprema brasiliana rifiuta l'estradizione di Battisti e decide di liberarlo

Cesare Battisti quitte la prison de Brasilia, le 9 juin 2011.


La Corte Suprema del Brasile ha confermato la decisione del vecchio presidente Lula di non concedere l'estradizione in Italia per Cesare Battisti. I nuovi giudici non hanno solamente rifiutato l'estradizione dell'ex-attivista di estrema sinistra italiano, in prigione in Brasile da quattro anni, ma hanno anche ordinato la sua liberazione.

Nuovo rifiuto per Roma. Il governo italiano parla dell'ennesima umiliazione per le famiglie delle vittime e di uno schiaffo alle istituzioni italiane.

Dopo un lungo dibattito, a tratti acceso tra i giudici, ha finito per prevalere una maggioranza di sei voti contro tre. La Corte Suprema brasiliana ha dunque deciso di rispettare la decisione presa dell'ex-presidente Lula nel suo ultimo giorno di mandato, il 31 dicembre scorso. Decisione di non estradare Cesare Battisti.

Urla di gioia tra i suoi sostenitori, riuniti nella pizza di fronte al Tribunale supremo federale, a Brasilia, dove i membri del suo comitato di sostegno sono rimasti per tutte le cinque ore della discussione.

Il Presidente della Corte Suprema, che si è dichiarato contrario a questa liberazione, ma che ha dovuto rispettare il voto della maggioranza, ha già firmato l'ordine di liberazione di Cesare Battisti. Dopo quasi quattro anni di carcere, l'ex-membro delle Brigate Rosse dovrebbe così uscire di prigione in giornata questo giovedì 9 giugno. Eppure tutti i problemi di Cesare Battisti non saranno risolti per ora. Arrestato a Rio de Janeiro nel 2007, aveva all'ora dei documenti falsi e viveva illegalmente nel paese senza visto.

E se Roma ha reagito immediatamente attraverso la voce del ministro italiano per la gioventù, che ha definito questo rifiuto come “l'ennesima umiliazione” per le vittime. Il senatore Edoardo Supplici, capo delle file di sostenitori di Battisti in Brasile, ha invece espresso la sua soddisfazione.

François Cardona, corrispondente da Rio de Janeiro

traduzione Giulia Pradella

Articolo originale al Link: http://www.rfi.fr/ameriques/20110609-cour-supreme-bresilienne-refuse-extrader-battisti-decide-le-liberer


martedì 7 giugno 2011

Tokyo riconosce di aver sottovalutato la gravità della crisi a Fukushima


Tre mesi dopo la distruzione dei sistemi di raffreddamento della centrale nucleare di Fukushima Daiichi, le autorità giapponesi hanno riconosciuto di avere, nei primi giorni della catstrofe, largamente sottovalutato la gravità della crisi. Questo martedì, l'agenzia per la sicurezza nucleare giapponese (NISA) ha indicato che i quantitativi di materia radioattiva nell'atmosfera avevano raggiunto i 770.000 Tbq nel corso della settimana successiva all'incidente dell'11 marzo scorso. Fino ad ora l'agenzia aveva dichiarato, pubblicamente nel comunicato del 12 aprile, un totale di soli 370.000 Tbq di scorie radioattive, di molto inferiori alle stime degli esperti indipendenti. Per giustificare la sua rivalutazione dell'aumento, la NISA ha spiegato che non si era accontentata di fare un prototipo elettronico dell'incidente, come avevano fatto per altre analisi, ma aveva cercato di quantificare i danni interni degli stessi reattori per affinare i calcoli.

Secondo l'agenzia, il grosso delle scorie della prima settimana sarebbero state liberate dall'esplosione di idrogeno nel reattore numero 2 e 3. Gli esperti della NISA hanno anche riconosciuto che la fusione di combustibili nelle tre sezioni della centrale era già cominciata poco prima del sisma. Fino ad un mese fa, il governo aveva rifiutato di riconoscere lo scenario propostogli immediatamente dalla maggiorparte degli specialisti occidentali. Queste nuove rivelazioni che coincidono con l'inizio degli studi di un'equipe di esperti giapponesi indipendenti sulle cause della catastrofe rischiano di alimetare le critiche sulla gestione della situazione dopo l'incidente.

Se i media giapponesi non hanno per un istante ripreso i molti voltafaccia delle autorità, ne rimesso in discussione le loro analisi sulla sicurezza delle zone abitate vicino alla centrale, qualche sporadica voce ha cominciato a sospettare apertamente la possibilità che la gravità della crisi sia stata minimizzata per evitare una situazione di panico generale.

YANN ROUSSEAU, da Tokyo per Les Echos.

Traduzione Giulia Pradella

Articolo originale al Link:http://www.lesechos.fr/entreprises-secteurs/energie-environnement/actu/0201423749853-tokyo-reconnait-qu-il-avait-sous-estime-la-gravite-de-la-crise-a-fukushima-173219.php

sabato 4 giugno 2011

Siria: escalation di violenza.

In Siria, ieri venerdì 3 giugno, ci sono stati nuovi massacri. Il regime di Bachar el-Assad ha represso nel sangue le rivolte popolari proprio mentre si sta cercando di istituire una commissione di “dialogo nazionale” per pacificare la situazione. Il capo dell'ONU, Ban Ki-moon, è spaventato da questa escalation di violenza. Secondo l'osservatorio siriano per i diritti dell'uomo ci sono più di trenta morti nella sola città di Hama, a 200 kilometri a nord di Damasco. Dai tetti, dei cecchini agli ordini del presidente Bachar el-Assad hanno aperto il fuoco su migliaia di manifestanti vicino alla sede del partito Baas , partito ora al potere. Secondo i militanti non ci sarebbe stato nessun avvertimento ne alcun tentativo di disperdere la fossa con gas lacrimogeni. Ancora una volta, anche in questa giornata di venerdì, i manifestanti uccisi dalle autorità siriane erano pacifici nella difesa dell'onore “dei bambini e della libertà”. Reclamavano le dimissioni del presidente e nuove elezioni. Dalla sua parte, l'agenzia ufficiale Sana conta ottanta feriti tra le forze dell'ordine dopo un attacco ad una sede governativa. Questo movimento massivo di protesta si è propagato in tutto il paese. Ad Idleb, più a nord, gli abitanti di località vicine si sono sollevati in molti. Saranno più di dodicimila. Secondo la rete dei militanti siriani LCC, le autorità siriane hanno sparato sulla popolazione a Damasco e nella provincia di Homs. Dopo i primi disordini di marzo, la mobilitazione non era mai stata così forte come questo venerdì, giorno di preghiera.

Di fronte a questa operazione di sanguinosa repressione, l'amnistia dei prigionieri politici, concessa martedì 31 maggio da Bachar el-Assad, perde tutta la sua credibilità. Secondo l'osservatorio siriano per i diritti dell'uomo più di mille persone sono state rilasciate dopo mercoledì. Gli interessati di questa misura sono soprattutto manifestanti arrestati ai primi disordini popolari. Altri sono detenuti di vecchia data, come una delle figure dell'opposizione, Muhanad Al Assani. Nei fatti, non è un'amnistia generale. Non tutti i prigionieri politici potranno beneficiarne. Più di venti grandi figure dell'opposizione sono ancora prigionieri, tra i quali Kamalutt Labouani, il fondatore dell'Unione liberale democratica in Siria. Alcune liberazioni sono più delle riduzioni di pena che una vera e propria amnistia ricorda Nadim Houry della Human Right Watch. Per quanto riguarda le sorti dei Fratelli mussulmani, la situazione è ambigua in quanto secondo il codice penale siriano i membri di questa confraternita rischiano la pena capitale. Rimane da scoprire cosa accadrà loro al momento della liberazione. Il regime siriano oscilla tra l'amnistia e la repressione mentre continuano gli arresti. E nulla ci garantisce che le persone liberate non potranno essere nuovamente imprigionate. Gli oppositori che si sono riuniti a Antalya per tre giorni hanno reclamato le dimissioni immediate del presidente siriano e delle nuove elezioni.

Traduzione Giulia Pradella

Per andare più a fondo, il sito: Syrian Human rights Information Link

Articolo orginale al Link: http://www.rfi.fr/moyen-orient/20110603-escalade-violence-syrie

venerdì 3 giugno 2011

Alain Juppé cerca una svolta per i negoziati di pace in Medio Oriente

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Il ministro per gli affari esteri francese in viaggio in Medio Oriente ha incontrato, ieri pomeriggio a Gerusalemme, il capo del governo israeliano. Dopo essersi intrattenuto mercoledì a Roma col presidente palestinese, Mahmoud Abbas, ieri mattina ha incontrato il primo ministro Salam Fayyad a Ramallah. Alain Juppé sta cercando di organizzare una conferenza di pace a Parigi nelle prossime settimane. La Francia vuole evitare che in settembre ci sia un confronto sul riconoscimento di uno Stato palestinese all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

Per il capo della diplomazia francese bisogna evitare di andare all'Assemblea generale dell'ONU il prossimo settembre nella situazione attuale. I palestinesi potrebbero allora domandare il riconoscimento internazionale del loro Stato. Ed anche se si dicono pronti a “prendersi le proprio responsabilità”, la Francia sembra temere questo periodo di incertezza vista l'instabilità che potrebbe derivarne. Per questa ragione ed anche perché in Medio Oriente sta cambiando tutto in questo momento, Alain Juppé ha presentato un'iniziativa francese ai suoi interlocutori israeliani e palestinesi. Si tratterebbe di riprendere il dialogo su alcuni punti chiave: ridiscutere anzitutto le frontiere, le famose frontiere antecedenti al 1967 ma con lo scambio di territori per tener conto delle evoluzioni del terreno; ridiscutere allo stesso tempo le questioni di sicurezza che riguardano Israele e il futuro Stato palestinese. E nello stesso tempo solo accennare ad altre questioni spinose, come quella di Gerusalemme e dei rifugiati palestinesi.

Il tutto in un periodo massimo di un anno, secondo la proposta francese che Israeliani e Palestinesi stanno già prendendo in considerazione. Se le risposte non saranno negative, la Francia si propone di accogliere gli attori del conflitto a Parigi nei mesi di giugno o luglio. Secondo Alain Juppé, i cambiamenti che questa proposta francese spera di portare sono “piccoli” ma “reali”.

Traduzione di Giulia Pradella.