lunedì 19 settembre 2011

L'Ue chiama. Nani, orchi e ballerine rispondono




Facciamo un breve resoconto: più o meno dai primi 4/5 mesi di quest'anno la crisi esiste. Ora ne siamo sicuri perché lo ha detto perfino Berlusconi, prima diceva di no ma adesso lo conferma anche lui. Sarà vero.
Si dice che il primo passo verso la guarigione sia ammettere la propria malattia anche se, francamente, sembra di parlare di un soggetto in fin di vita che afferma che, in effetti, qualcosa che non va proprio come dovrebbe c'è.
Andando avanti troviamo una condizione europea sull'orlo di una crisi di nervi che trascina il ventre molle dell'unione e per farlo perde punti e credibilità. La Bce ci compra i titoli di stato che equivale a comprare sale nel deserto e in cambio ci chiede una manovra che faccia fare una secca inversione di marcia al paese lasciando intravedere una lucina per il futuro.
Abbiamo un numero folle di piccole imprese sul lastrico e altrettante imprese enormi che sguazzano nei soldi nascosti sotto qualche materasso elvetico o panamense. Operai che non sanno come spiegare alle proprie famiglie perché presto non ci si potrà permettere nemmeno il poco che ci si concedeva fin'ora.

E il governo?

Forse qualcuno, arcistufo delle italianate, delle troie di B., delle mafiate in alto, in basso, a destra, a sinistra, ecc... si è dimenticato che il governo dovrebbe essere la massima espressione del potere democratico, ed il parlamento la sua arena dove confrontarsi col popolo. Si dev'essere dimenticato anche che con metà dei soldi che vengono evasi ogni anno ci si pagherebbe finanziaria, contro-finanziaria, settebello e primiera; ma chiaramente se il governo non fa da cane da guardia questi soldi non torneranno mai DI TUTTI.
Il governo dovrebbe essere la prua della nave, non la cambusa piena di ratti fetenti. E invece? Invece da palazzo Chigi esce, ma poi non esce, poi esce e non riesce una finanziaria lacrime e sangue (come piace definirla) che non rende felice nessuno. Il governo si spacca, l'opposizione s'incazza, gli industriali torcono il naso e il popolo... il popolo se lo prende in quel posto.
Si perché, come si diceva prima, la Bce non voleva che l'Italia facesse una cosa simile, non chiedeva di tassare ancora i cittadini e lasciare invariato tutto il marcio del paese, casomai il contrario!
Ma quello che è pazzesco è che stiamo ancora parlando di cosa HA FATTO il governo (nel male o nel male), parliamo ora delle buffonate che tanto divertono i corrispondenti esteri nel nostro paese e che ci hanno resi famosi in tutto il mondo in quanto a ridicolaggine. Parliamo ad esempio del secondo partito di coalizione, la Lega. Quando si parla di Lega le buffonate non si contano, ma in questo periodo è riuscita a perdere consensi anche nel suo zoccolo più duro di elettorato. E' da quando si è aggravata la situazione (aggravata per i media dato che è sempre stata così) che Bossi&Co. minacciano. Ma minacciano chi? Il governo! Cioè loro stessi!
E' difficilissimo dire se siano più patetici loro o Napolitano e il suo bombardamento di moniti inalscoltati.
Bossi si vanta, davanti alle solite squallide platee padane, di tenere Berlusconi per le palle, di fare ciò che vuole, di qua e di la... e poi la situazione è ridicolmente immobile come al "primo ultimatum".
Prima a Pontida delude l'agglomerato barbaro accampato davanti al palco che, quasi ne capissero più di lui, chiedevano che il governo cadesse sul serio. Poi, recentemente, spara alzo zero su Brunetta (con cui, ricordiamolo, è alleato) e propio dalla città natale del nano invoca un fantomatico referendum sulla Padania (forse oltre all'uso della parola ha perso anche la capacità di calcolo il buon Umberto) e si fa un altro sorso di acqua del Po mentre centinaia di persone protestano e vengono manganellate dalla celere che, come sempre, picchia dove vede rosso e non si rende conto di essere sulla loro stessa barca.
Stesse manganellate anche a Roma dove però interviene anche un ex-ministro, Ronchi, che nella sua ammirevole diplomazia da lord inglese invita i manifestanti fuori Montecitorio a vergognarsi definendoli "cialtroni di merda", che uomo! Che verve!
Chiudiamo questo rapido sorvolo su quest'ultimo periodo di buffonaggine italiana invitando tutti il 15 ottobre a Roma per la grande, speriamo definitiva, manifestazione nazionale. L'evento è importante perché nasce soprattutto dal basso e promette di essere molto partecipato. Speriamo (anche se è una vana speranza) che non succeda nulla di grave perché da quel che possiamo testimoniare noi, molte, moltissime persone non scendono più in piazza per esprimere una loro idea ma semplicemente per sfogare rabbia e frustrazione indotte da questa classe politica che affanna e annega l'Italia da tanto, TROPPO tempo.


Fabrizio Ruffini

martedì 13 settembre 2011

Bruxelles: Berlusconi non eclude l'innalzamento dell'età pensionabile



Martedì a Bruxelles il capo del governo italiano, Silvio Berlusconi, ha promesso che i conti del suo paese si riassesteranno entro il 2013, senza escludere, un rinvio dell'età pensionabile, mentre l'Italia affronta delle forti pressioni sul mercato obbligazionario.

Sono a Bruxelles per rassicurare le istituzioni europee”, ha confermato Berlusconi a seguito dell'incontro con il presidente dell'Unione Europea, Herman Van Rompuy. Promettendo il riequilibrio dei conti pubblici entro il 2013, non ha escluso che l'età pensionabile possa essere aumentata ugualmente; ha aggiunto “Avremo il voto”.

Il governo italiano ha annunciato che mercoledì chiederà la fiducia alla Camera dei Deputati per velocizzare l'entrata in vigore del suo piano di austerità per un ammontare di 54,2 miliardi di euro entro il 2013. Questo voto rappresenta l'ultimo semaforo verde prima dell'entrata in vigore delle misure di austerità. Van Rompuy ha accolto “l'ambizioso” progetto di bilancio italiano.

Il Presidente della UE ha dichiarato: “L'adozione di queste misure è importante e non solo per l'Italia, ma anche per l'intera della zona euro. La sua entrata in vigore sarà d'importanza primaria”.

A seguito del suo incontro con Van Rompuy, Berlusconi doveva incontrare nel pomeriggio il presidente della Commissione Europea, José Manuel Barroso ed il presidente del Parlamento Europeo, Jerzy Buzek, alla sede di Strasburgo.

Martedì, i tassi a lungo termine dell'Italia hanno preso il volo ed il premio di rischio è stato pagato da quei paesi che stanno raggiungendo, rispetto alla stessa Germania, un nuovo record sui mercati obbligazionari, sofferenti solo i broker, mentre circolano voci secondo le quali Pechino si rifiuterebbe di comprare il debito italiano.

Il ministro italiano alle finanze ha dichiarato che il ministro Giulio Tremonti aveva incontrato la settimana scorsa degli investitori cinesi, senza aggiungere altro sugli sviluppi dell'incontro. La Cina ha ribadito la sua “fiduzia nell'economia europea e nell'euro” ma senza dare informazioni su un suo coinvolgimento.

In questi ultimi giorni l'ansia rinnovata sui mercati ha provocato un forte rimbalzo dei tassi, il piano di austerità presentato non è riuscito a rassicurare gli investitori.

Traduzione di Giulia Pradella

Link:http://www.lesechos.fr/economie-politique/monde/actu/afp_00378754-a-bruxelles-berlusconi-n-exclut-pas-un-report-de-l-age-de-la-retraite-218616.php

domenica 11 settembre 2011

Giro della Padania, l'ennesima buffonata ITALIANA



Se l' avessero chiamato Giro della Polenta Taragna, oppure Gran Premio Trota, forse questa cosa strana che invece si chiama Giro di Padania sarebbe scivolata via tra le mille stranezze (anche sportive) d' Italia. Ma così, ragazzi, così no. Perché la polenta taragna esiste, il trota Renzo Bossi pure esiste, invece la Padania no. Non ce l' hanno insegnata a scuola, non figura (né mai figurerà) in nessun atlante, compare solo nel delirio di chi raccoglie l' acqua del Po nelle ampolle e segue i riti druidici, insomma le pagliacciate della Lega.

Da oggi, però, l' astrazione fa il suo solenne ingresso nel calendario ciclistico internazionale: cinque tappe, la prima da Paesana (provincia di Cuneo, dove appunto Bossi riempie le ampolle) fino a Laigueglia. Sei regioni, queste sì presenti nei programmi di geografia dello Stato, la cui capitale si chiama Roma: Piemonte, nobile terra che prima del Giro di Padania già diede all' Italia il senatore Borghezio; Liguria, Lombardia, Emilia Romagna, Trentino e Veneto.

Venticinque squadre al via, che sono proprio tante, e molti campioni tra cui Basso (numero 1 sulla schiena), Garzelli, Petacchi, Cunego e il campione italiano Visconti, siciliano che vive in Toscana: «Questa è una corsa nazionale e io mi onoro di parteciparvi».

L' idea venne al senatùr Bossi dopo la Tre Valli Varesine dell' anno scorso, e l' ha realizzata Michelino Davico, "il Sen. Sottosegretario" come viene descritto nel comunicato ufficiale, maiuscole comprese, già presidente della Monviso Venezia: sembra la "Coppa Cobram" di Fantozzi. Il Sen. Sott. Grand' Uff. si oppone fieramente all' idea che il Giro di Padania altro non sia che propaganda di regime («Solo sport, solo ciclismo!»), e nel suddetto comunicato plaude al «tracciato ideale-territoriale». Incuranti del valore unitario della bicicletta, capace di ridare forza e orgoglio a un' Italia squassata dalla guerra, quando Coppi e Bartali pedalavano tra le macerie e le uniche trote stavano nei torrenti di montagna, i leghisti non temono le contestazioni annunciate. La prima ieri, durante la punzonaturaa Cherasco, ameno borgo cuneese noto soprattutto per le lumache: Rifondazione Comunista ha piantato le tende, distribuito volantini e scritto bello grosso su uno striscione: «Ti han preso in Giro, qui siamo in Italia».

Oggi a Mondovì, chilometro 71 della prima tappa, sono previste altre proteste come a Rovereto, sede di partenza dell' ultima. Il sindaco di Piacenza, Roberto Reggi, ha negato il permesso al passaggio della corsa, un po' perché gli hanno tagliato i fondi per pagare i vigili urbani (oggi precettati a Laigueglia, nel giorno dello sciopero generale: ne sono felicissimi),e il resto lo spiega senza giri di Padania né di parole: «Questa corsa è una buffonata». E dire che il sindaco piacentino non aveva neppure letto la pagina sul sito ufficiale del Giro, quella che parla dei premi. Al vincitore, oltre all' ovvia maglia verde, andrà un Golem. "Raffigura l' uomo-ciclista inserito in un territorio che è quello della Padania. Il sole, forza pura, incombe su di lui, mentre sullo sfondo si innalza il Cervino. Tutt' intorno il grano e l' abbraccio dei Golem, simbolo della comunità che accoglie quest' uomo eccezionale". Vertici lirici mai raggiunti da nessuno, neppure quando c' era lui caro lei. Il secondo arrivato avrà uno scudo e una vanga, il terzo una piramide a forma di M, "diretta derivazione con l' alfabeto runico, e rappresenta lo spirito puro del cavaliere che corrisponde con quello dello sportivo in sella al suo cavallo meccanico". Forse non bisognerebbe fare l' antidoping solo a quei bombardoni dei ciclisti, ma pure a chi organizza le loro corse. Anche se la Lega è proprio forte, ha raccolto denari e sponsor solo nordisti, acqua minerale e formaggio, biscotti e grissini, ha appeso i drappi verdi sul municipio di Cherasco accanto alla lapide dei morti partigiani: la piazza si chiama Caduti per la Libertà. Adesso il rischio è ricevere uova, chiodi e risate da qui a Montecchio Maggiore, arrivo dell' ultima tappa della Coppa Cobram.

Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione, ha scritto a Napolitano, al Coni e alla Federazione ciclistica per «bloccare questa operazione di regime»: non gli hanno neppure risposto, anzi il presidente federale Di Rocco ha detto: «Plaudo alla nascita di ogni nuova corsa, e questa non ci costa un centesimo». Mica vero, perché i soldi del Coni sono soldi di tutti, non è denaro celtico. E non mancherà la Rai, che nel ciclismo ha quote leghiste non proprio trascurabili. «Una corsa è una corsa, e basta», taglia corto Ivan Basso, mentre il ct azzurro Bettini nota che «a settembre c' era un vuoto nel calendario, e questo Giro può essere utile in prospettiva mondiale, visto che mancano solo venti giorni alla corsa iridata di Copenaghen». In tanti, insomma, tirano questa buffa volata leghista, anche la vecchia gloria Gianni Motta: «Sarà una gran bella gara!». E mentre dagli altoparlanti dei contestatori risuona una gracchiante e tenera "Bella ciao", sul palco si scatenano le Fisarmoniche del Monviso, in un derby (non solo politico) all' ultimo decibel. I paesani osservano curiosi e commentano in dialetto, molti in canottiera, proprio come il senatùr. Se non fossimo effettivamente un paese pieno di trote, si morirebbe dal ridere.


Maurizio Crosetti Cherasco

(Repubblica)

Giro della Padania, l'ennesima buffonata ITALIANA


Se l' avessero chiamato Giro della Polenta Taragna, oppure Gran Premio Trota, forse questa cosa strana che invece si chiama Giro di Padania sarebbe scivolata via tra le mille stranezze (anche sportive) d' Italia. Ma così, ragazzi, così no. Perché la polenta taragna esiste, il trota Renzo Bossi pure esiste, invece la Padania no. Non ce l' hanno insegnata a scuola, non figura (né mai figurerà) in nessun atlante, compare solo nel delirio di chi raccoglie l' acqua del Po nelle ampolle e segue i riti druidici, insomma le pagliacciate della Lega.

Da oggi, però, l' astrazione fa il suo solenne ingresso nel calendario ciclistico internazionale: cinque tappe, la prima da Paesana (provincia di Cuneo, dove appunto Bossi riempie le ampolle) fino a Laigueglia. Sei regioni, queste sì presenti nei programmi di geografia dello Stato, la cui capitale si chiama Roma: Piemonte, nobile terra che prima del Giro di Padania già diede all' Italia il senatore Borghezio; Liguria, Lombardia, Emilia Romagna, Trentino e Veneto.

Venticinque squadre al via, che sono proprio tante, e molti campioni tra cui Basso (numero 1 sulla schiena), Garzelli, Petacchi, Cunego e il campione italiano Visconti, siciliano che vive in Toscana: «Questa è una corsa nazionale e io mi onoro di parteciparvi».

L' idea venne al senatùr Bossi dopo la Tre Valli Varesine dell' anno scorso, e l' ha realizzata Michelino Davico, "il Sen. Sottosegretario" come viene descritto nel comunicato ufficiale, maiuscole comprese, già presidente della Monviso Venezia: sembra la "Coppa Cobram" di Fantozzi. Il Sen. Sott. Grand' Uff. si oppone fieramente all' idea che il Giro di Padania altro non sia che propaganda di regime («Solo sport, solo ciclismo!»), e nel suddetto comunicato plaude al «tracciato ideale-territoriale». Incuranti del valore unitario della bicicletta, capace di ridare forza e orgoglio a un' Italia squassata dalla guerra, quando Coppi e Bartali pedalavano tra le macerie e le uniche trote stavano nei torrenti di montagna, i leghisti non temono le contestazioni annunciate. La prima ieri, durante la punzonaturaa Cherasco, ameno borgo cuneese noto soprattutto per le lumache: Rifondazione Comunista ha piantato le tende, distribuito volantini e scritto bello grosso su uno striscione: «Ti han preso in Giro, qui siamo in Italia».

Oggi a Mondovì, chilometro 71 della prima tappa, sono previste altre proteste come a Rovereto, sede di partenza dell' ultima. Il sindaco di Piacenza, Roberto Reggi, ha negato il permesso al passaggio della corsa, un po' perché gli hanno tagliato i fondi per pagare i vigili urbani (oggi precettati a Laigueglia, nel giorno dello sciopero generale: ne sono felicissimi),e il resto lo spiega senza giri di Padania né di parole: «Questa corsa è una buffonata». E dire che il sindaco piacentino non aveva neppure letto la pagina sul sito ufficiale del Giro, quella che parla dei premi. Al vincitore, oltre all' ovvia maglia verde, andrà un Golem. "Raffigura l' uomo-ciclista inserito in un territorio che è quello della Padania. Il sole, forza pura, incombe su di lui, mentre sullo sfondo si innalza il Cervino. Tutt' intorno il grano e l' abbraccio dei Golem, simbolo della comunità che accoglie quest' uomo eccezionale". Vertici lirici mai raggiunti da nessuno, neppure quando c' era lui caro lei. Il secondo arrivato avrà uno scudo e una vanga, il terzo una piramide a forma di M, "diretta derivazione con l' alfabeto runico, e rappresenta lo spirito puro del cavaliere che corrisponde con quello dello sportivo in sella al suo cavallo meccanico". Forse non bisognerebbe fare l' antidoping solo a quei bombardoni dei ciclisti, ma pure a chi organizza le loro corse. Anche se la Lega è proprio forte, ha raccolto denari e sponsor solo nordisti, acqua minerale e formaggio, biscotti e grissini, ha appeso i drappi verdi sul municipio di Cherasco accanto alla lapide dei morti partigiani: la piazza si chiama Caduti per la Libertà. Adesso il rischio è ricevere uova, chiodi e risate da qui a Montecchio Maggiore, arrivo dell' ultima tappa della Coppa Cobram.

Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione, ha scritto a Napolitano, al Coni e alla Federazione ciclistica per «bloccare questa operazione di regime»: non gli hanno neppure risposto, anzi il presidente federale Di Rocco ha detto: «Plaudo alla nascita di ogni nuova corsa, e questa non ci costa un centesimo». Mica vero, perché i soldi del Coni sono soldi di tutti, non è denaro celtico. E non mancherà la Rai, che nel ciclismo ha quote leghiste non proprio trascurabili. «Una corsa è una corsa, e basta», taglia corto Ivan Basso, mentre il ct azzurro Bettini nota che «a settembre c' era un vuoto nel calendario, e questo Giro può essere utile in prospettiva mondiale, visto che mancano solo venti giorni alla corsa iridata di Copenaghen». In tanti, insomma, tirano questa buffa volata leghista, anche la vecchia gloria Gianni Motta: «Sarà una gran bella gara!». E mentre dagli altoparlanti dei contestatori risuona una gracchiante e tenera "Bella ciao", sul palco si scatenano le Fisarmoniche del Monviso, in un derby (non solo politico) all' ultimo decibel. I paesani osservano curiosi e commentano in dialetto, molti in canottiera, proprio come il senatùr. Se non fossimo effettivamente un paese pieno di trote, si morirebbe dal ridere.


Maurizio Crosetti Cherasco

(Repubblica)

sabato 3 settembre 2011

Di ritorno da Fukushima, dove il silenzio e le menzogne uccidono


Fleurs de cerisier à Tokyo (David Lee/Picasa)

Resoconto di Corinne Leplage, ex ministro dell’ambiente ed oggi euro-parlamentare.

Già dopo poche settimane la catastrofe di Fukushima non rientrava più nelle notizie d’attualità. Per la stragrande maggioranza dei nostri cittadini, il problema è risolto e va da sé che la Tepco e l’Areva, per quanto riguarda il trattamento delle acque contaminate, hanno la situazione perfettamente sotto controllo. Le persone in condizione di pericolo sono state evacuate, il tasso di radioattività si abbassa ed il Giappone, secondo la Francia, è pronto a far ripartire le centrali. Del resto, la stampa rassicura regolarmente la lobby nucleare francese, confermando che quella e quell’altra centrale stanno per essere riattivate.

Milioni di metri cubi d'acqua contaminata

Prima di tutto, le autorità giapponesi – ho incontrato il segretario di Stato per l’ambiente, il vice ministro all’ambiente ed il vice governatore di Fukushima- riconoscono che la catastrofe è in corso e che nulla è risolto. Le informazioni sono molto poche. Le autorità ammettono che sono i tre noccioli hanno si sono fusi e che i serbatoi sono stati gravemente danneggiati. Tuttavia, non sanno cosa sia stia facendo ora, in particolare non hanno un’informazione vitale: se il rivestimento esterno è stato perforato fino al reattore o no, ciò significherebbe, senza ombra di dubbio, la contaminazione irreversibile delle falde acquifere. Riguardo il trattamento dell’acqua, Greenpeace afferma che siamo appena all’ inizio. Le autorità sono state costrette a riconoscere l’ accumulo di fango radioattivo, di cui nessuno evidentemente aveva voluto parlare, ma anche che ormai un milione di metri cubi d’acqua è stato contaminato.

I dosimetri ancora bloccati all'aeroporto

In secondo luogo la situazione delle famiglie che vivono nella regione di Fukushima è, nel vero senso del termine, veramente tragica. Ho trascorso quasi due ore con l’associazione, che raggruppa la maggiorparte delle famiglie e che è costituita da delle donne determinate e letteralmente in rivolta.

Certo non è difficile capirle. Quello che stanno vivendo ci ricorda quello che abbiamo vissuto durante Chernobyl ed il modo in cui le cose si stanno evolvendo ci rievoca un fantasma del passato. Allo stesso modo possiamo capire che ,avendo vissuto contemporaneamente un terremoto ed uno tsunami, la situazione fosse piuttosto disorganizzata, l’organizzazione metereologica giapponese non era ancora in grado di fornire le mappature del vento al momento della catastrofe di Fukushima. La popolazione non aveva nessuna idea di dove potessero girare i venti. Non gli era stata data nessuna indicazione e non gli erano state distribuite le pastiglie di iodio. Si è dovuto aspettare più di un mese per avere qualche informazione pubblica sul livello di contaminazione e oggi, ci sono 40.000 dosimetri (apparecchi per la misurazione della dose assorbita di radiazioni ionizzanti, NdT) che restano bloccati per una decisione politica dell’aeroporto di Tokyo. Le famiglie non sanno quindi quale sia il livello di radioattività in cui sono costretti a vivere.

Le madri preoccupare per i loro bambini

Sul piano dell’alimentazione i controlli sono stati fatti, ma i risultati sono stati resi pubblici solo dopo che gli alimenti erano stati messi sul mercato e consumati. La cosa fondamentale per queste madri è lo stato di salute dei loro figli. In Giappone, come in tutti i paesi membri dell’ IAEA (International Atomic Energy Agency, NdT), il livello ammissibile per la popolazione è di 1 millisievert (msv) all’anno. Per gli operai che lavorano nelle aree nucleari è di 20 msv. Queste donne chiedono per i loro figli come per loro stesse il diritto di vivere in un ambiente al livello 1msv. Il problema è che nessuno ha i mezzi per realizzare le loro richieste.

Bisogna pensare ad un’evacuazione a largo raggio

Ci sono due possibili soluzioni da prendere in considerazione: la decontaminazione – ed in Giappone se ne parla molto- oppure l’evacuazione. Sembrerebbe che alcuni parchi giochi siano stati decontaminati, questo procedimento consiste nello scavare 50-60 cm di terra, che non si sa dove poi venga depositata. Ciò permette di ridurre il livello di contaminazione. Può darsi che sia possibile a livello locale con dei risultati che sarebbe meglio verificare. Naturalmente sarebbe impossibile ripetere la cosa su scala di un’intera prefettura. Di questo passo è meglio considerare la seconda possibilità: permettere di partire alle persone che lo desiderano. Ma per quelli che possono andarsene, ancora non si è provveduto alla loro salute. La verità della situazione, e qui sta tutto l’aspetto tragico, è che le autorità giapponesi fanno quello che possono entro una certa misura. Tuttavia, dato che l’informazione è imbavagliata, non vengono dati alla gente i mezzi per conoscere la realtà della situazione.

Gli agricoltori non indennizzati

Dal punto di vista dei cambiamenti e delle decisioni tecniche da prendere, il mondo agricolo diventa lui stesso una vittima del fallimento delle autorità. La prefettura di Fukushima promuove i prodotti agricoli della regione e si lamenta delle brutte voci che circolano su di essi. Mi hanno regalato una magnifica cassetta di pesche. La verità è che la stragrande maggioranza dei prodotti di questa zona non dovrebbero essere consumati, ma per quelli che non lo sanno, ancora bisogna che gli agricoltori che li producono vengano indennizzati e salvare la loro vita e la loro attività. Tuttavia non è questo il caso. Questa situazione assolutamente catastrofica che il Giappone sta vivendo è lo stesso destino che condividono tutti i paesi industrializzati, gli stessi rischi produrrebbero sicuramente gli stessi effetti. E questa è la ragione per cui la cappa di silenzio è calata sul Giappone.

I medici si organizzano in reti parallele

I medici non hanno più diritto di parlare e non osano farlo. Sembra che una rete di pediatri stia cercando di organizzarsi, che certi medici, soprattutto nelle zone rurali, cerchino di istruire la popolazione in modo da proteggerla nel miglior modo possibile, sperando si poter mettere in piedi una sorveglianza medica. Ma tutto ciò si fa a livello di privati cittadini, per una via parallela, si potrebbe dire quasi di nascosto. Le autorità nucleari sostengono che non si arriverà mai ad una conoscenza finita e precisa degli effetti epidemiologici di questa catastrofe. È contro questo muro di silenzio che bisognerebbe che tutti noi ci ribellassimo perché si tratta di bambini ed i bambini di Fukushima potrebbero essere bambini di Fessenheim, di Bugey o di Blayais (Siti nucleari francesi, NdT). È una nostra responsabilità parlare, agire ed aiutare associazioni che si battono contro queste enormi problematiche.

Silenzio, il Giappone uscirà dal nucleare

D’altra parte, le autorità giapponesi, molto probabilmente conscie dei propri limiti, anche se non potrebbero mai ammetterlo, sembrano aver preso una decisione: quella di uscire dal nucleare. In effetti, bisogna sapere, e questa notizia è stata accuratamente nascosta in Francia per ragioni che ognuno può comprendere, che il Giappone ha ridotto del 28% il suo consumo di elettricità dopo Fukushima e quasi del 40% solo nella regione di Tokyo. Oggi solo 14 reattori su 57 sono in funzione. Questa riduzione massiva è stata ottenuta da una serie di misure: per esempio, spegnendo le luci dei ministeri durante il giorno, evitando l'utilizzo di climatizzatori (malgrado i 38 gradi a Kyoto), spegnendo i tabelloni delle grandi pubblicità la sera a Tokyo, dove l’organizzazione diversa del sistema di produzione industriale permette di ottenere questo notevole risultato. Anche noi europei, ci domandiamo se arriveremo mai a fare a meno del 20% dell'attuale consumo energetico di qui al 2020, c’è tanto da imparare dai nostri amici giapponesi. Il nuovo primo ministro ne ha parlato nella campagna elettorale: il Giappone è deciso a non costruire più nuove centrali nucleari, ciò significa che usciranno dal nucleare. Quando? Forse entro il marzo 2020, sicuramente, dipende dagli stress-test che verranno fatti e dalla eventuale riapertura delle centrali nucleari chiuse per manutenzione.

Traduzione di Giulia Pradella

Link all'articolo originale: http://www.rue89.com/corinne-lepage/2011/09/02/de-retour-de-fukushima-ou-le-silence-et-les-mensonges-tuent-220331

B. nel paese delle "merdaviglie"


Nel Luglio scorso il capo del governo italiano, Silvio Berlusconi, ha parlato della penisola come di un “paese di merda”, nelle intercettazioni fatte sul telefono di un uomo vicino a Berlusconi e rese pubbliche giovedì dall’Ansa.

Nel corso di una conversazione con Valter Lavitola, il 13 Luglio scorso, Berlusconi dice: “Sono trasparente, talmente pulito nei miei affari che non c’è nulla che mi possa ostacolate. Non faccio nulla che possa essere considerato un crimine. Di me non si può dire un cazzo, è la sola cosa che si possa dire in questo momento. Tra qualche mese me ne vado per occuparmi dei miei affari e allora me ne vado da questo paese di merda che mi fa venire voglia di vomitare”.

M. Lavitola, editore di un giornale che attualmente si trova all’estero, è perseguito dalla giustiza italiana ed oggetto di un mandato d’arresto in un affare in cui è sospettato d’estorsione ai danni di S. Berlusconi, insieme ad un uomo d’affari, Giampaolo Tarantini, arrestato giovedì mattina.

Giampaolo Tarantini, implicato nel 2009 nello scandalo per prostituzione che vede come testimone chiave Patrizia D’Addario, escort che ha raccontato di aver passato la notte con Silvio Berlusconi, aveva detto all’epoca di aver invitato una trentina di donne disponibili per favori sessuali durante le feste che Berlusconi dava nella sua casa a Roma ed in Sardegna, tra il 2008 ed il 2009. Aveva dichiarato Tarantini: “Le presentavo come mie amiche e non accennavo al fatto che le pagassi ogni volta”. Secondo il procuratore di Napoli, citato da Panorama, settimanale di proprietà della famiglia di Berlusconi, il capo del governo avrebbe versato 500.000 euro, seguiti da somme sempre più basse ogni mese, prechè Tarantini continuasse a dichiarare nel processo che Berlusconi non era a conoscenza del fatto che le giovani donne fossero state pagate per prostituirsi e per evitare di farsi sfuggire rivelazioni che nel caso di intercettazioni telefoniche sarebbero state "imbarazzanti" per il premier.

Valter Lavitola è sospettato d'aver fatto da intermediario in queste "transazioni" tra Berlusconi e Tarantini, ed inoltre di essersi intascato una parte delle somme pagate per conto del capo del governo in favore dell’uomo d’affari.

Traduzione di Giulia Pradella

Link all’artico originale: http://www.lesechos.fr/culture-loisirs/infos-generales/les-gens/afp_00375289-berlusconi-qualifie-l-italie-de-pays-de-merde-dans-des-ecoutes-213405.php