lunedì 11 giugno 2012

Lasciamo l'Aquila così com'è





Dal terremoto che distrusse l'Aquila sono passati oramai più di tre anni e la situazione, almeno per quanto riguarda il centro storico della città, non sembra migliorata come ci si aspettava: i palazzi sono ancora puntellati e inagibili, le strade ancora piene di calcinacci e le persone praticamente scomparse. L'Aquila al momento resta un monumento incredibile di un'epoca, una testimonianza sbalorditiva di come interessi privati e politici sorvolino sulle conseguenze umane dovute a determinate scelte fatte per favorire i singoli e bloccando cantieri, sviluppo e vita della gente al solo scopo di guadagnare "di più" sulla disgrazia.

Francia, la guerra sta per finire ma in uno sperduto paesino del centro-sud, Oradure-sur-Glane, uno di quei posti che venivano a sapere solo dai giornali della guerra che imperversava per il continente, una mattina con un tragico colpo di coda i nazisti misero in atto una delle tante vendette vigliacche verso i civili. Quasi tutta la popolazione di Oradure venne trucidata e la cittadina venne messa a ferro e fuoco. 

L'orrore incredulo di chi, qualche giorno dopo, si trovò davanti ad una tale inspiegabile sciagura, portò i pochi superstiti e le autorità francesi nel primissimo dopoguerra a valutare l'ipotesi di lasciare l'intero paese così com'era stato trovato, a perenne memoria del periodo più buio del paese e dell'Europa intera. Ancora oggi chi visita la cittadina fantasma di Oradure non può che restare impressionato dai segni lasciati dal passaggio dei nazisti, e nascono spontanei, anche nel più scettico dei visitatori, sentimenti di orrore e ripudio verso tanta violenza gratuita.

Tornando all'Aquila, anche se la scelta di lasciare la città nelle sue condizioni attuali risulta ancora più difficile dato che gli Aquilani non sono morti ma costretti a vivere in case "provvisorie", l'idea di avere un enorme monumento all'inettitudine della classe politica italiana di questi ultimi anni, alle telefonate divertite di imprenditori del mattone con la bava alla bocca al solo pensiero di una ricostruzione costosissima ed infinita, al G8 spostato dalla Sardegna (dov'erano stati costruiti dagli stessi sciacalli dell'edilizia delle strutture inutili) all'Aquila (dove gli stessi allestirono il nuovo ritrovo dei potenti), al capo della Protezione Civile invischiato in questioni che con il volontariato umanitario avevano ben poco a che fare, ad un presidente operaio che dispensava benedizioni e promesse come il papa in visita ad un paese africano, a tutto questo e a quanto ne ha conseguito servirebbe un monumento, un monumento grandioso come l'Aquila, così che tutti in futuro possano ricordare il passaggio della politica nei momenti di crisi in Italia.


Fabrizio Ruffini



Oradure-sur-Glane


 L'Aquila


venerdì 8 giugno 2012

Perché l'antipolitica fa bene ai partiti




Scrive oggi Michele Serra su Repubblica che le azioni dei principali partiti politici italiani, soprattutto dall'esplosione del fenomeno Grillo, sembrano cercare scientificamente di fornire ogni volta un nuovo pretesto agli indecisi per non andare a votare o per votare chi rappresenta di più il "vaffanculo a tutti". Nel mio essere perfettamente d'accordo con Serra, soprattutto per quando riguarda la sua posizione sull'idea di partiti come entità positive almeno nella loro forma ideale, non posso non sottolineare il fatto di non condividere troppo lo stupore verso i partiti che fanno di tutto per scoraggiare la gente spingendola a non votare. Per come la vedo io questo modo di agire è perfettamente in linea con la situazione di oligarchia democratica che sta vivendo oggi l'Italia. I personaggi che popolano senato e parlamento sono sempre stati in quell'ambiente, sotto una bandiera o sotto l'altra, e non hanno nessuna intenzione di andarsene; così, come in una combine calcistica in cui si cerca a tutti i costi il pareggio che non faccia troppo male ne a uno ne all'altro, i partiti si fanno una feroce guerra di parole, salvo poi votare compatti su questioni più "personali" come vecchi amici senza rancori. 
Come dicevo, questo tipo di atteggiamento non è strano neppure in un periodo di enorme sfiducia nei confronti della politica, anzi, mantenendo uno zoccoletto duro di voti a testa ci si assicura di restare al proprio posto per sempre, lasciando che il malcontento e la disaffezzione politica si sfoghino in Grillo e in altri partiti minori che difficilmente potranno cambiare davvero le cose sul lungo periodo. Basta ricordare che nei referendum (che spesso e volentieri potrebbero realmente cambiare le cose) esiste una rigida asticella per il quorum, mentre anche se tre quarti d'Italia non andasse a votare per le elezioni politiche, a decidere sarebbero sempre i pochi elettori rimasti. Niente sorprese quindi, solo comunicazione inversa.

Fabrizio Ruffini


L'articolo di Michele Serra: