Esistono armi terribili che non si vedono. Contrariamente a quelli tradizionali, le bombe che esplodono e colpiscono con schegge le vittime, questi nuovi micidiali sistemi uccidono con una polvere di metalli tossici che avvelenano i tessuti, producono amputazioni, spargono sostanze carcinogene nel corpo e nell'ambiente e sono in grado di provocare mutazioni genetiche. Queste nuovi armi, segrete e invisibili che violano tutte le convezioni sono difficilissime da individuare. Ma i loro effetti sono stati riscontrati nei tessuti di alcune persone ferite a Gaza durante le operazioni militari israeliane del 2006 e del 2009.
La ricerca su ferite provocate da armi che non lasciano schegge o frammenti nel corpo delle persone colpite, è stata coordinata da New Weapons Research Group (Nwrg), associazione indipendente di scienziati, accademici ed esperti che studia l'impiego di armi non convenzionali. L'indagine ha così ha messo a confronto nei laboratori di tre diverse università ( Italia, Svezia, Libano) 16 campioni di tessuto appartenenti a 13 vittime e il contenuto di 32 elementi rilevati da biopsie. Con lo scopo di studiarne gli effetti sui residenti delle aree in cui sono stati ritrovati. I risultati dimostrano così la presenza di metalli tossici e carcinogeni utilizzati da armi invisibili che, oltre a uccidere, comportano rischi diretti per i sopravvissuti e una forte contaminazione ambientale. I tessuti sono stati prelevati da medici dell'ospedale Shifa di Gaza, che hanno collaborato alla ricerca, e hanno catalogato diversi tipi di ferita. La classificazione racconta di carbonizzazioni, bruciature superficiali, bruciature da fosforo bianco e amputazioni mentre gli elementi metallici rilevati sono una decina: dal mercurio al cesio, dal piombo all'uranio. Alcuni di questi metalli combinati possono produrre mutazioni genetiche, altri provocano effetti terribili negli animali, altri ancora ne hanno di tossici per le persone e provocano danni ai nascituri. Tutti i metalli trovati, inoltre, sono capaci anche di causare patologie croniche dell'apparato respiratorio, renale e riproduttivo e della pelle.
«La presenza di metalli prodotta da queste armi che non lasciano frammenti - spiega Paola Manduca, docente di genetica a Genova e portavoce del New Weapons Research Group - era stata ipotizzata, ma mai provata prima. Con nostra sorpresa, anche le bruciature da fosforo bianco contengono molti metalli in quantità elevate. La loro presenza implica anche una diffusione nell'ambiente, in un'area di dimensioni a noi ignote, variabile secondo il tipo di arma. Questi elementi vengono perciò inalati dalla persona ferita e da chi si trovava nelle adiacenze anche dopo l'attacco militare. La loro presenza comporta così un rischio sia per le persone coinvolte direttamente, che per quelle che invece non sono state colpite».
L'utilizzo di questo tipo di armi comporta diversi problematiche, spiega ancora Manduca: «C'è un problema di legislazione internazionale ad esempio, perché le Convenzioni di Ginevra stabiliscono che per ogni arma usata ci sia la possibilità di curarne gli effetti. E c'è dunque la necessità di protocolli che devono consentire ai medici, e agli stessi militari che le impiegano, di intervenire per mitigarne gli effetti. Protocolli che non esistono».
In molti casi, raccontano i medici, i pazienti si riprendevano dopo le prima cura ma dopo qualche giorno morivano. Queste sostanze invisibili continuavano infatti il «lavoro sporco» all'interno del copro umano. Continuano a bruciare e completano l'opera anche a distanza di giorni. Veri e propri agenti segreti, invisibili e micidiali.
Emanuele Giordana (Il Manifesto)
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