mercoledì 16 giugno 2010

Bloody Sunday, 38 anni dopo arriva la verità

Se si volesse fissare Bloody Sunday in due immagini, la prima sarebbe quella famosa di padre Edward Daly che soccorre una delle vittime sventolando un fazzoletto bianco. La seconda la gioia racchiusa nel pugno chiuso e nel sorriso di John Kelly, ieri, a Derry, dopo aver letto il rapporto conclusivo dell'inchiesta su quella domenica di sangue di 38 anni fa.
Lord Saville, titolare dell'indagine, ha messo la parola fine almeno sui fatti, ristabilendo sulla verità. Le 14 vittime uccise dai militari inglesi durante la manifestazione pacifica per i diritti civili organizzata a Derry il 30 gennaio 1972, non «rappresentavano alcuna minaccia per i militari britannici. Erano tutte disarmate». Il rapporto condanna fermamente «il comportamento dei militari britannici che aprirono il fuoco quella domenica».
Commentando in parlamento il documento, il premier conservatore David Cameron ha chiesto scusa alle vittime in nome dello stato per l'uccisione «ingiustificata e ingiustificabile» di civili innocenti. «Non c'è nulla di ambiguo, - ha detto Cameron - le conclusioni del rapporto sono chiare. Quello che è accaduto a Bloody Sunday è stato qualcosa di sbagliato. Il governo è responsabile della condotta delle forze armate. In nome del governo e del paese, sono profondamente dispiaciuto per ciò che è accaduto». Ci sono voluti 38 anni, ma alla fine la verità ha prevalso. Dodici anni, tanto è durata l'inchiesta Saville, che rende giustizia alle vittime di quella giornata e che una volta di più condanna la prima «Inchiesta Widgery», che subito dopo il massacro aveva assolto i soldati gettando infamia e menzogne sui civili, definiti come «terroristi dell'Ira armati».
Il rapporto di ieri dice l'ultima parola sulle tante domande che per 38 anni in tanti hanno cercato di evitare. Chi ha sparato il primo colpo? I parà, risponde Lord Saville. Qualcuno tra i civili era armato? Nessuno aveva armi, conclude l'inchiesta. I militari hanno mentito nelle loro testimonianze? Molte di esse sono state fabbricate e molti militari hanno deliberatamente mentito per giustificare le loro azioni.
Il rapporto si sofferma su uno dei parà, identificato come Lance Corporal F, presunto responsabile dell'omicidio di quattro o sei delle vittime di Bloody Sunday. «Lance Corporal F non ha sparato per paura o preso dal panico - sostiene il rapporto - siamo sicuri che abbia sparato pur essendo certo che nessuno dietro quella improvvisata barricata rappresentava una minaccia».
La giornata più importante per i familiari delle vittime di Bloody Sunday era cominciata con una marcia silenziosa dal Bogside (il quartiere repubblicano di Derry) fino alla Guildhall (il municipio) la destinazione originaria della marcia di 38 anni fa. Le foto delle vittime assieme a tanti volti noti della politica nordirlandese e a tanti che erano alla marcia quel 30 gennaio 1972. C'era Martin McGuinness, oggi vice primo ministro del nord Irlanda, allora (come lui stesso ha dichiarato a Lord Saville) comandante dell'Ira a Derry. Su McGuinness il rapporto dice che probabilmente «era armato quel giorno, ma non ha fatto nulla per provocare la reazione dei militari britannici».
L'inchiesta su Bloody Sunday era stata annunciata dall'allora premier Tony Blair, nel gennaio 1998, quando il processo di pace anglo-irlandese era a un punto critico. Il 9 aprile di quell'anno fu firmato il cosiddetto Accordo del venerdì santo. Il Bloody Sunday è sempre stato visto come una pietra miliare del conflitto anglo-irlandese, un evento che spinse verso la sua radicalizzazione. Per molti giovani fu proprio la brutalità dei parà e il pronto insabbiamento di quel massacro la molla che li spinse a unirsi all'Ira.
Oggi quel rapporto mette la parola fine sulla verità. I familiari delle vittime non nascondono la volontà di andare avanti, per riuscire a portare di fronte a un tribunale i responsabili del massacro. Ieri però è stato il giorno del ricordo e della giustizia. «Quando uno stato uccide i suoi cittadini, deve rispondere delle sue azioni. La lotta per la verità e la giustizia è stata un'ispirazione per la gente di Derry» ha detto Tony Doherty, figlio di una delle vittime, Patrick. «Mio fratello stava scappando quando i soldati gli hanno sparato» ha raccontato Joe Doddy riferendosi al fratello Jackie - ma il rapporto Widgery ha distrutto la memoria dei nostri cari. Oggi abbiamo vendicato i loro nomi. Jackie, come tutte le altre vittime, era innocente». Una copia del rapporto Widgery è stato fatto a pezzi dalle famiglie delle vittime. «Ci sono voluti quasi quarant'anni per poter scrivere la verità. Ma oggi posso dire a mio fratello Michael che può finalmente riposare in pace» ha concluso commossa Catherine Kelly.

Orsola Casagrande (Il Manifesto)

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