domenica 13 novembre 2011

Essere felici o essere tristi?




Mentre scrivo questa nota, su Rai3, Padellaro e Polito, Quagliarello e Letta litigano sul senso dei festeggiamenti popolari occorsi a Roma dopo le dimissioni di Berlusconi. Su Corriere e Repubblica di oggi da De Bortoli a Panebianco, si alternano ancora posizioni diverse sul tema. Io credo si debba festeggiare per molti motivi e non festeggiare per altri, ma che i primi superino decisamente i secondi.

Personalmente, festeggio perché il mio futuro premier non verrà coinvolto in scandali sessuali. Non impegnerà il parlamento per risolvere problemi giudiziari.

Non commetterà gaffes pesanti negli incontri internazionali.

Non offenderà con scioltezza i gay per difendere i puttanieri, gli islamici per difendere i cristiani, gli immigrati per illudere gli italiani di un benessere che non c'è.

Non avrà un interesse privato a favorire le tecnologie televisive rispetto allo sviluppo di internet, su cui l'Italia è molto indietro.

Non avrà probabilmente bisogno di corrompere né i partiti di maggioranza, né quelli di minoranza, piegandoli ai propri interessi.

Non inviterà le forze dell'ordine ad usare il loro braccio violento.

Non avrà l'arroganza di spedire videomessaggi ai telegiornali, o di farsi confezionare interviste da giornalisti e direttori editoriali scelti ad uopo. Non avrà il potere di far fuori giornalisti capaci, di imporre Sgarbi in prima serata e Paragone in seconda, ed altri programmi deboli sulla Rai per favorire Mediaset.

Non cercherà di influenzare i mercati in favore delle proprie aziende, costringendone altre a spendere per la pubblicità in canali propri.

Non offenderà colleghe parlamentari, in base al loro aspetto fisico. Non favorirà gli evasori, i costruttori abusivi e le mafie in maniera diretta e indiretta. Avrà forse il coraggio di accettare il confronto con maggioranza e minoranza a sostegno del suo governo, in un dibattito pubblico, come non succede ormai da anni in Italia.

Non banalizzerà le proteste popolari e i movimenti sociali. Non sceglierà ministri come Brunetta o La Russa adusi ad offendere piuttosto che a rispondere.

Ci sono anche motivi importanti per non festeggiare.

Sicuramente avrei preferito che Berlusconi cadesse in altro modo.

Che si fosse dimesso dopo che il voto popolare delle amministrative e nei referendum ha dimostrato che gli italiani non lo sostengono più.

Che nessun parlamentare delle formazioni di centrosinistra passasse dall'altra parte sulla base di opportuno conguaglio e che, anzi, i partiti di sinistra fossero stati capaci di attrarre parlamentari sulla base di idee e programmi.

Sogno ancora oggi che gli italiani sviluppino, prima o poi, una cultura politica critica tale da sradicare il populismo televisivo di Berlusconi e quello localistico di Bossi.

Avrei preferito andare alle elezioni, senza che l'UE e le Banche internazionali ci imponessero un esecutivo di transizione, simile al ruolo di Poulson imposto al congresso americano nel 2009 da Goldman Sachs.

Ma mi accontento. Fra un anno si tornerà a votare. E forse non ci sarà più in vigore questa legge elettorale. E la gente sente che tira un aria diversa. E si sente, finalmente, più partecipe. Non ancora nelle stanze istituzionali, ma quantomeno nelle piazze e negli altri luoghi di aggregazione.



Vincenzo Romania

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