giovedì 1 marzo 2012

Io sto con chi "se l'è cercata"




Se l’è cercata è il commento sulla tragedia di Luca Abbà che con svariati ornamenti e orpelli circola nei giornali amici di Berlusconi, o di sua proprietà, e nei programmi televisivi di ‘approfondimento’. “Uno che sale su un traliccio non è un eroe – ha scritto ad esempio Sallusti – è uno che mette in pratica cose cretine ed illegali. Se l’è cercata e l’ha trovata, nel caso c’è pure l’aggravante dell’età, 37 anni, che rende il tutto oltre che tragico pure patetico. Abbà è vittima di se stesso”. Queste parole sono la sintesi di un modo di pensare tipico della storia secolare dell’Italia dei servi. Se l’è cercata, lo diceva la plebe di Napoli quando assisteva all’impiccagione di Eleonora de Fonseca Pimentel, una delle figure più fulgide della Rivoluzione Napoletana del 1799. “Un po’ se l’è cercata”, ha detto Giulio Andreotti (settembre 2010) a proposito di Giorgio Ambrosoli assassinato l’11 luglio 1979 perché aveva scoperto e denunciato le attività criminali di Michele Sindona. Se l’è cercata, è il giudizio pronunciato a voce bassa nei bar tutte le volte che una persona degna è sconfitta, o assassinata. Se l’è cercata, commentano molti maschietti italiani quando leggono o apprendono di una donna violentata. La logica di questo sragionamento è sempre la medesima. I responsabili del crimine, come nel caso di Sindona, o coloro che hanno spinto a un gesto disperato sono assolti da ogni responsabilità, mentre la vittima è degradata al rango di un folle mosso da pensieri deliranti o da brama di protagonismo. È l’odio che spinge a pensare così, quell’odio tenace che nasce dall’invidia che persone vili provano nei confronti di chi dimostra una morale che li pone più in alto rispetto a loro.
Anche gli individui più ferocemente legati ai propri privilegi, spesso conquistati con il servilismo, avvertono per le persone moralmente ferme un sentimento di ammirazione. Ma poiché non sanno o non vogliono imitarle, le odiano e non vedono l’ora di assistere alla loro caduta, a terra, per potersi finalmente sentire superiori: ‘io sono vivo e so curare meglio di voi i miei interessi’ . Su un punto i sostenitori del se l’è cercata hanno ragione. Le persone che lottano, soffrono e si sacrificano per degli ideali non sono affatto dei temerari, dei dissennati o dei vanagloriosi che gettano la vita alle ortiche per avere il plauso degli schiocchi. Sono persone che meditano sul significato e sulle conseguenze delle proprie azioni. Giorgio Ambrosoli sapeva benissimo cosa stava facendo. Sapeva di rischiare la morte. Ma sapeva anche che era suo dovere andare fino in fondo per inchiodare Sindona alle sue responsabilità e per dimostrare che anche i più potenti criminali possono essere sconfitti e dare in questo modo l’esempio per altri. Analoga consapevolezza dei doveri nei confronti della propria coscienza e delle conseguenze delle proprie azioni ispirò il comportamento di Carlo Rosselli quando, rinchiuso al confino, rifiutò di scrivere al duce per ottenere la libertà.
Lo stesso, per le medesime ragioni, fece Ferruccio Parri: “Io non sono un Pinco Pallino qualunque, uno dei tanti che possa dire: compatite un giovinotto inesperto che non sapeva quel che si facesse, ora mi sono stufato di stare sotto aceto, lascia-temi andare che starò bravo. La coerenza per me non è una parola vana, un suono vuoto di senso. […] Sono disposto ad ogni sacrificio pur di non compiere mai nessun atto che sconfessi la mia opera, il mio passato, che giudichi contrario al mio onore, cioè alla mia legge di vita”. Martin Luther King era ben consapevole di quanto odio il suo impegno per i diritti civili suscitava nei razzisti americani, ma non per questo si fermò. Quelli che se la sono cercata a volte falliscono per poca prudenza; ma quando vincono, purtroppo di rado, il mondo diventa un luogo più umano, per tutti, anche per quelli che non cercano nulla e accettano tutto. Quelli che disprezzano chi se l’è cercata, poche volte falliscono, per la semplice ragione che non perseguono fini difficili, e quando vincono, come spesso avviene, il mondo diventa più disumano, soprattutto per chi non vuole vivere da servo. Salire su un traliccio dell’alta tensione è il gesto di chi ritiene di non avere altri modi efficaci di combattere contro qualcuno di molto più forte. I disperati per cause di giustizia meritano sempre rispetto. Per questo io sto con quelli che se la sono cercata e se la cercano e detesto con tutto me stesso chi li deride. Mi auguro che la tragedia di Luca Abbà serva almeno a rafforzare in Italia la lotta di chi vuol difendere, con metodi pacifici e civili, quel poco di bellezza ambientale (che la Repubblica secondo la Costituzione deve tutelare) contro un’opera costosa e inutile, voluta da chi misura il progresso in termini di velocità dei mezzi di comunicazione e non in termini di cultura e di dignità civile.

Maurizio Viroli [Il Fatto Quotidiano]


Aggiungiamo in coda lo splendido intervento di Travaglio di ieri a "Servizio Pubblico", chiarissimo ed esplicativo della situazione Tav-No-Tav

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