mercoledì 17 marzo 2010

L'uso Orwelliano della Storia

L’uso pubblico della storia non è un fenomeno che nasce nel mondo contemporaneo, anzi si può dire appaia nel momento stesso in cui si ragiona su tematiche storiche. L’argomento sembra però assumere una gravità e una importanza rinnovata proprio nell’oggi, nel momento in cui l’uso pubblico della storia interviene in modo attivo nel dibattito pubblico per definire un nuovo senso comune civile. Peccato che nei Mass Media, assistiamo quotidianamente ad una vera e propria violenza nei confronti della Storia, con narrazioni e interpretazioni che spesso sfiorano la disinformazione. Vittima di sé stessa, Clio viene puntualmente tirata per la giacchetta dalle singole forze politiche, che cercano di modificare il passato a proprio vantaggio nel tentativo di legittimarsi nel presente.

Cassa di risonanza di queste vere e proprie guerre della memoria sono i giornali, dove, accanto a giornalisti storici seri, vedono la loro comparsa dei mestieranti ambigui, spesso colti da servilismo acuto verso il padrone di turno, dove la storia viene trattata come scoop, come ricerca della novità ad ogni costo. Questi signori, vestiti i panni di novelli profeti di verità, cercano di costruire un loro discorso storico nel tentativo di far passare un messaggio revisionistico molto pericoloso e inquietante. Tutti voi avrete presente la violenta campagna mediatica, che trova posto sulla carta stampata e in tv, contro la memoria storica della Resistenza e della costituzione repubblicana. Riassumiamo brevemente: questi autori revisionisti affermano che il senso di eventi quali il fascismo, la resistenza, la storia repubblicana siano stati imbrigliati all’interno di una vulgata, ovvero di un sistema di potere culturale in cui un elite intellettuale (leggasi storici accademici) costruisce un’immagine mitica di questi fatti storici. Loro invece, giornalisti storici dal cuore impavido, sarebbero coloro che svelano la coltre d’inganno di questa vulgata, offrendo col loro lavoro squarci di verità.

Un ottimo esempio è costituito dalla storia personale di Giampaolo Pansa. In origine ottimo storico di professione, ad un certo punto decide di dedicarsi al mondo giornalistico e letterario, scrivendo saggi divulgativi e romanzi. Negli ultimi anni cerca di far luce sugli aspetti più bui della Repubblica: un lavoro però ripetitivo, già affrontato da altri storici accademici prima di lui, che dunque non produce delle vere novità nell’ambito della ricerca scientifica. Eppure i suoi articoli riescono a diventare dei casi editoriali: vengono giudicati dai mass media come lavori rivoluzionari, capaci di spaccare il muro di omertà costruito dal discorso storico accademico. In realtà i libri di Pansa si inseriscono in un progetto molto più generale di delegittimazione dei fondamenti identitari della Repubblica, nel tentativo di usare la storia come arma politica. La speranza è che la società civile sviluppi quegli anticorpi critici necessari per smascherare questo uso orwelliano della storia che ormai sembra essere diventato un virus pericolosissimo.

Federico Giona

Nessun commento:

Posta un commento

Si prega di rispettare le consuete norme di civile convivenza. Grazie!